lunedì 17 gennaio 2022

Pankaj Mishra e le critica delle illusioni occidentali

di Damiano Palano

Questo articolo è apparso sul quotidiano "Avvenire".

Negli anni Cinquanta, nel pieno della guerra fredda, Reinhold Niebuhr scrisse che «tra i colpevoli minori della storia» dovevano essere inseriti anche «i fanatici moderati della civiltà occidentale», i quali vedevano «nei successi assolutamente contingenti della nostra cultura la forma e la norma definitive dell’esistenza umana». Con quel giudizio, il teologo protestante non intendeva certo assolvere dalle loro responsabilità i regimi totalitari, che rimanevano anzi i veri colpevoli dei conflitti del ventennio precedente. Ma intendeva rivolgersi a coloro che ritenevano che l’intero pianeta fosse destinato a percorrere il medesimo sentiero seguito da Gran Bretagna e Stati Uniti. Non è sorprendente che Pankaj Mishra apra il suo Le illusioni dell’Occidente. Alle origini della crisi del mondo moderno (Mondadori, pp. 277, euro 22.00) proprio con questa citazione di Niebuhr. Da alcuni anni il nome di Mishra – un intellettuale indiano che vive a Londra e che scrive regolarmente per il «Guardian», la «New York Review of Books» e altre importanti testate – è diventato noto in tutto il mondo per il libro L’età della rabbia, in cui spiega le motivazioni profonde alle origini dell’ondata di populismo e nazionalismo. Il nuovo libro dell’intellettuale indiano è invece un vero e proprio «j’accuse!» contro la retorica della «fine della Storia» e la celebrazione del modello liberal-democratico occidentale. Il volume raccoglie infatti interventi scritti nel corso degli ultimi dieci anni con l’obiettivo di smantellare le compiaciute rappresentazioni della superiorità occidentale che spesso hanno fornito il presupposto per scelte politiche ed economiche dagli effetti disastrosi. Gli attacchi che Mishra rivolge ad alcuni esponenti del dibattito pubblico contemporaneo – tra cui per esempio Niall Ferguson, dipinto senza esitazioni come un nostalgico del colonialismo – devono essere perciò collocati in questo quadro, così come le punte polemiche di una discussione ben poco rispettosa del galateo intellettuale. L’obiettivo cui Mishra punta è comunque soprattutto sgomberare il campo dall’idea che il mondo globalizzato in cui viviamo sia soltanto il frutto dell’espansione dell’Occidente nel mondo. Ai suoi occhi sarebbe piuttosto necessaria «una radicale revisione della storia moraleggiante del mondo moderno scritta dai suoi primi vincitori, frutto delle tante narrazioni sulla fioritura globale della democrazia, sul capitalismo liberale e sui diritti umani che tracciano una linea continua da Platone alla Nato». E si dovrebbe così riconoscere anche il contributo delle nazioni «giunte tardi alla modernizzazione».

Il successo dei libri di Mishra fornisce una dimostrazione di come le rappresentazioni più compiaciute dell’Occidente si siano incrinate da tempo, e conferma come molte delle illusioni coltivate negli anni Novanta del secolo scorso si siano ormai infrante contro una realtà ben diversa. La conquista di una prospettiva davvero globale sul nostro presente rimane comunque molto complicata. Ma è forse anche un passaggio indispensabile per poter iniziare a pensare un mondo davvero “post-occidentale”.  

Damiano Palano

 

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