di Damiano Palano
Questo articolo è apparso sul quotidiano "Avvenire".
Negli anni
Cinquanta, nel pieno della guerra fredda, Reinhold Niebuhr scrisse che «tra i
colpevoli minori della storia» dovevano essere inseriti anche «i fanatici
moderati della civiltà occidentale», i quali vedevano «nei successi
assolutamente contingenti della nostra cultura la forma e la norma definitive
dell’esistenza umana». Con quel giudizio, il teologo protestante non intendeva
certo assolvere dalle loro responsabilità i regimi totalitari, che rimanevano
anzi i veri colpevoli dei conflitti del ventennio precedente. Ma intendeva
rivolgersi a coloro che ritenevano che l’intero pianeta fosse destinato a
percorrere il medesimo sentiero seguito da Gran Bretagna e Stati Uniti. Non è
sorprendente che Pankaj Mishra apra il suo Le illusioni dell’Occidente. Alle
origini della crisi del mondo moderno (Mondadori, pp. 277, euro 22.00)
proprio con questa citazione di Niebuhr. Da alcuni anni il nome di Mishra – un
intellettuale indiano che vive a Londra e che scrive regolarmente per il
«Guardian», la «New York Review of Books» e altre importanti testate – è diventato
noto in tutto il mondo per il libro L’età della rabbia, in cui spiega le
motivazioni profonde alle origini dell’ondata di populismo e nazionalismo. Il nuovo
libro dell’intellettuale indiano è invece un vero e proprio «j’accuse!» contro
la retorica della «fine della Storia» e la celebrazione del modello
liberal-democratico occidentale. Il volume raccoglie infatti interventi scritti
nel corso degli ultimi dieci anni con l’obiettivo di smantellare le compiaciute
rappresentazioni della superiorità occidentale che spesso hanno fornito il
presupposto per scelte politiche ed economiche dagli effetti disastrosi. Gli
attacchi che Mishra rivolge ad alcuni esponenti del dibattito pubblico
contemporaneo – tra cui per esempio Niall Ferguson, dipinto senza esitazioni
come un nostalgico del colonialismo – devono essere perciò collocati in questo
quadro, così come le punte polemiche di una discussione ben poco rispettosa del
galateo intellettuale. L’obiettivo cui Mishra punta è comunque soprattutto sgomberare
il campo dall’idea che il mondo globalizzato in cui viviamo sia soltanto il
frutto dell’espansione dell’Occidente nel mondo. Ai suoi occhi sarebbe piuttosto
necessaria «una radicale revisione della storia moraleggiante del mondo moderno
scritta dai suoi primi vincitori, frutto delle tante narrazioni sulla fioritura
globale della democrazia, sul capitalismo liberale e sui diritti umani che
tracciano una linea continua da Platone alla Nato». E si dovrebbe così
riconoscere anche il contributo delle nazioni «giunte tardi alla
modernizzazione».
Il
successo dei libri di Mishra fornisce una dimostrazione di come le
rappresentazioni più compiaciute dell’Occidente si siano incrinate da tempo, e conferma
come molte delle illusioni coltivate negli anni Novanta del secolo scorso si
siano ormai infrante contro una realtà ben diversa. La conquista di una
prospettiva davvero globale sul nostro presente rimane comunque molto complicata.
Ma è forse anche un passaggio indispensabile per poter iniziare a pensare un
mondo davvero “post-occidentale”.
Damiano Palano
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