di Damiano Palano
Proprio come un esercizio
di «immaginazione politologica» deve essere letto il nuovo di libro di Vittorio
Emanuele Parsi, Vulnerabili: come la pandemia sta cambiando la politica e il
mondo. La speranza e il rancore (Piemme, pp. 206, euro 16.90), un testo che
è in larga parte diverso, oltre che più ricco, rispetto all’omonimo e-book
uscito con il medesimo titolo un anno fa. Nel pieno del «confinamento», nell’aprile
2020 il politologo delineò infatti tre possibili scenari alternativi, verso cui
l’irruzione del Covid-19 avrebbe potuto indirizzare le dinamiche globali. A dodici
mesi di distanza, le cose sono in parte cambiate, nel senso che la crisi
sanitaria si è rivelata molto più duratura rispetto a quanto allora si
sperasse, con inevitabili e ulteriori ripercussioni sul tessuto
economico-sociale. E Parsi torna dunque sui tre scenari, approfondendo
l’analisi e precisandone i contorni. La pandemia ci ha fatto scoprire il ‘lato
oscuro’ dell’interdipendenza, di quella globalizzazione che nel corso
dell’ultimo trentennio ha cambiato il volto del pianeta, aprendo molte
possibilità, ma anche generando nuovi rischi. «Con il Covid-19», scrive Parsi,
«l’umanità si è riscoperta vulnerabile», come l’equipaggio di «una nave senza
timone». Al di là delle conseguenze della crisi sanitaria, la consapevolezza
della vulnerabilità potrebbe avere ricadute rilevanti sulle tendenze globali.
Nel primo scenario – la «Restaurazione» - si potrebbe assistere a una semplice riedizione
dell’iperglobalizzazione che abbiamo conosciuto, forse con il ridimensionamento
di alcuni progetti e comunque con l’ulteriore crescita delle diseguaglianze
nelle democrazie occidentali. Nel secondo scenario – identificato dalla suggestiva
formula della «fine dell’Impero Romano d’Occidente» – il dato principale
sarebbe invece la «de-globalizzazione»: la riduzione del commercio a lungo
raggio, con la frammentazione del globo in sfere di influenza, il recupero
delle sovranità nazionali e una spinta verso l’autoritarismo. L’ultimo scenario
– il «Rinascimento» – è invece segnato da una regolazione politica del mercato
globale, capace di ridurre le diseguaglianze e di stabilizzare la stessa
economia. Ciò cui pensa Parsi è una sorta di New Deal globale: una versione
aggiornata dell’ordine internazionale liberale post-bellico e all’altezza della
sfida posta dall’interdipendenza, ma il cui perno dovrebbero essere ancora una
volta gli Stati Uniti. In altre parole, l’alternativa a un mercato senza
regole, ma anche al capitalismo di Stato di matrice cinese, sarebbe un
«riequilibrio del rapporto tra politica ed economia, tra democrazia e mercato,
tra libertà e solidarietà», in grado di trarre un importante insegnamento dalla
lezione della vulnerabilità. Ma affinché questo scenario diventi almeno in
parte reale, la politica dovrebbe riconquistare la capacità di immaginare al
futuro. Una capacità senza la quale l’attività di governo e la discussione
pubblica, schiacciate sulla gestione del presente, rischiano di ridursi semplicemente
allo sfruttamento del rancore, del risentimento, della paura.
Damiano Palano
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