sabato 27 marzo 2021

Il Leviatano è la democrazia? Il "totalitarismo rovesciato" secondo Sheldon Wolin. Dieci anni dopo

 
Dieci anni fa su questo blog veniva pubblicato il primo post, dedicato al volume di Sheldon Wolin "Democrazia SPA". In questi dieci anni il mondo è davvero cambiato, ma i libri di Wolin - scomparso nel 2015 - rimangono ancora una fonte preziosa a cui attingere.


di Damiano Palano 

Questa recensione al libro di Sheldon Wolin, Democrazia SPA. Stati Uniti: una vocazione totalitaria? (Fazi. Pagine 494. Euro 24.00), è apparsa su quotidiano "Avvenire" il 19 marzo 2011.

Nelle pagine finali della Demo­crazia in America, Tocqueville formulava la sua famosa profe­zia sulla minaccia che incombeva sul futuro della società democratica. Dopo aver tessuto un elogio quasi incondi­zionato dell’esperimento americano, si soffermava infatti sull’eventualità che proprio una società libera ed egualita­ria come quella americana potesse dar vita a un nuovo dispotismo. Secondo Tocqueville, «una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurar­si piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri», correva il ri­schio di essere completamente domi­nata da un nuovo potere: un potere «as­soluto, particolareggiato, regolare, pre­vidente e mite», che «estende il suo braccio sull’intera società».


Variamente interpretata nel corso del tempo, la vecchia profezia di Tocquevil­le alimenta anche il nuovo libro di Shel­don Wolin, Democrazia S.p.A. Stati Uni­ti: una vocazione totalitaria?. Ma Wolin, proponendo una tesi senza dubbio piut­tosto radicale, va oltre il pessimismo di Tocqueville, perché ritiene che il sistema americano si sia gradualmente trasfor­mato in un 'totalitarismo rovesciato'. Benché possa destare più di qualche comprensibile perplessità, la tesi di Wo­lin ha alla base un esame piuttosto ar­ticolato. D’altronde, Wolin, autore del famoso Politica e visione (Il Mulino), pubblicato per la prima volta nel 1960, è uno tra i più importanti e raffinati stu­diosi americani di teoria politica.

A quasi novant’anni (è nato nel 1922), Wolin non ha perso nulla del vigore po­lemico e del rigore analitico mostrato nei suoi primi saggi. Apparso negli Sta­ti Uniti nel 2008 e vincitore del Lannan Notable Book Award,
 Democrazia S.p.A. nasce infatti sull’onda della severa cri­tica all’amministrazione di George W. Bush, anche se non è certo un pamph­let schiacciato sulla cronaca. Il 'totali­tarismo rovesciato' secondo Wolin co­stituisce in realtà l’eredità più ingom­brante della vittoria americana nella se­conda guerra mondiale. Se il New Deal aveva sancito una prima grande mobi­litazione delle energie del paese, l’im­pegno bellico rafforzò ulteriormente questa tendenza, ma, soprattutto, in­trodusse l’idea che gli sforzi fossero ne­cessari per sconfiggere il nemico. Da quel momento, due elementi hanno contrassegnato in modo indelebile la democrazia americana: da un lato, l’e­stensione di un potere statale sempre più sottratto al controllo popolare (co­me nel caso di tutte le questioni di po­litica estera e strategia militare); dal­­l’altro, la nascita e la legittimazione di un nuovo 'elitarismo', inteso come an­tidoto all’ignoranza delle masse. Il 'to­talitarismo rovesciato' scaturisce pro­prio da queste trasformazioni. E, in qualche modo, segna la fusione fra il di­spotismo profetizzato da Tocqueville e il potere del Leviatano hobbesiano.

Da molte pagine di Wolin traspare in modo evidente la protesta contro Bush e la guerra in Iraq. E proprio per questo alcuni degli argomenti sviluppati nel vo­lume possono apparire oggi superati. Sarebbe però probabilmente superfi­ciale liquidare
 Democrazia S.p.A. come il tardivo sfogo di un intellettuale im­pegnato, o come la romantica celebra­zione di un’irrealizzabile democrazia partecipativa. Al fondo della vocazione 'totalitaria' sta infat­ti, secondo Wolin, so­prattutto la perdita di riferimenti al bene comune, se non, ad­dirittura, l’idea che un bene comune non esista affatto. E, d’altronde, l’antido­to cui pensa Wolin non è per niente ro­mantico, perché evoca l’immagine di u­na «controélite di amministratori pub­blici democratici», in grado di recupe­rare – e di far recuperare ai cittadini – il senso stesso della convivenza comune. Perché, come scrive, «alla base dell’idea di collettività c’è la convinzione che la cura e le sorti della cosa pubblica siano di interesse comune», «che siamo tutti coinvolti perché ciascuno di noi è im­plicato nelle azioni e nelle decisioni che vengono giustificate a nome nostro». 

Damiano Palano



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