lunedì 26 ottobre 2020

Le narrazioni alternative della pandemia e la mobilitazione del risentimento

di Damiano Palano

Questo articolo è apparso il 2 giugno 2020 su "Repubblica.it". Nei mesi trascorsi da allora i segnali di rottura della 'concordia nazionale' sono diventati sempre più evidenti e, anche in Italia, non possono più essere considerati come fenomeni residuali. Anche per questo, la "battaglia delle narrazioni" è destinata a diventare ancora più importante nel prossimo futuro.

Le proteste delle ultime settimane confermano che, anche in molti paesi europei, il clima di ‘concordia nazionale’ è un ormai solo un ricordo della prima fase dell’emergenza. Ma è molto probabile che inizino anche a prefigurare lo scenario politico dei prossimi mesi. Uno scenario nel quale nuovi outsider, e in particolare le formazioni dell’“ultradestra”, potrebbero trovare spazi di visibilità e occasioni per mobilitare il risentimento generato dalla crisi. È infatti quasi scontato attendersi che gli effetti sociali ed economici della pandemia porteranno ad accrescere l’insoddisfazione, il disincanto e l’ostilità nei confronti della classe politica e dell’establishment. E che dunque si apra lo spazio per un’ondata “populista” paragonabile (o addirittura superiore) a quella seguita alla crisi finanziaria del 2008. L’ondata populista cui abbiamo assistito nell’ultimo decennio è d’altronde scaturita da una pluralità di processi, intrecciatisi dopo l’esplosione della crisi finanziaria globale: una crisi economica, che soprattutto nell’Europa del Sud ha contratto le opportunità di lavoro e determinato maggiore incertezza; una crisi politica, consistente in un ulteriore aumento della sfiducia nei confronti del sistema dei partiti; una crisi «culturale», legata al «disorientamento» innescato dalle ondate migratorie e all’origine delle richieste di protezione. Inoltre, il nuovo ambiente comunicativo e in particolare la diffusione dei social media hanno offerto a forze politiche marginali delle opportunità straordinarie per conquistare visibilità. Questo intreccio di fattori può senza dubbio riproporsi nei prossimi anni. E nuove forze cercheranno di riempire il vuoto politico, fornendo una direzione e un bersaglio a un risentimento diffuso.  

Molti commentatori hanno paragonato lo shock della pandemia a quello innescato da altre grandi crisi. E, come nel ventennio seguito alla Prima guerra mondiale, l’instabilità potrebbe favorire l’ascesa di forze antidemocratiche. Naturalmente è ancora presto per stilare bilanci sulle implicazioni del Covid e per formulare ipotesi minimamente attendibili sul futuro politico che ci attende. Sarebbe comunque un errore ritenere che la pandemia possa riportare indietro le ‘lancette della storia’ e che la minaccia autoritaria debba ripresentarsi oggi con le medesime vesti di un secolo fa. Ma sarebbe altrettanto ingenuo ritenere che la “Storia” sia davvero finita, che le destre radicali siano destinate a occupare un ruolo politico marginale e che le nostre istituzioni democratiche non possano essere messe a rischio nei prossimi anni da formidabili tensioni. In ogni caso, è probabile che, per conquistare spazi e visibilità, i nuovi outsider non punteranno sulla riesumazione di vecchie ideologie, quanto sulla costruzione di ‘narrazioni alternative’ di quanto abbiamo vissuto, concentrandosi su alcuni punti specifici, utilizzando la carta della delegittimazione ma rinunciando a proporre visioni strutturate della realtà. Anche per questo, nei prossimi mesi ci dobbiamo attendere dure battaglie sulle narrazioni della pandemia e persino radicali operazioni di riscrittura degli eventi. Ma il rischio non riguarda tanto l’eventualità che gli outsider, sfruttando il la condizione di disorientamento e di sfiducia, giungano nella ‘stanza dei bottoni’. L’insidia più significativa riguarda piuttosto gli esiti che, sugli equilibri dei sistemi politici, potrebbero giungere proprio dalla spinta alla polarizzazione. Perché, in un contesto segnato dalla crisi dei partiti tradizionali e dalla frammentazione del sistema comunicativo, lo spazio della discussione comune e del compromesso sembra destinato a ridursi sempre di più. Ed è per questo che sarà così importante l’esito di quella battaglia delle narrazioni, da cui potrebbe scaturire nei prossimi mesi una radicale ridefinizione delle linee di conflitto.

Damiano Palano


 

1 commento:

  1. A mio giudizio, se le destre avranno successo nell’occupare lo scenario politico prossimo venturo sarà anche – e soprattutto – perché la sinistra ha da decenni abdicato al proprio ruolo, a un’identità (novecentesca) caratterizzata da analisi storica dei processi allo scopo di orientarli e dirigerli. I dirigenti delle sinistre e centro-sinistre sono soggetti cresciuti, sin da avannotti, nelle acque neoliberiste del TINA (There is no alternative), ed è abbastanza ovvio che oggi – dopo essersi lasciati scippare da destra fondamentali risorse culturali e simboliche – non siano più in grado di comprendere quanto sta accadendo (proprio ora, nelle piazze in rivolta).

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