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domenica 21 giugno 2020

Il Medio Oriente dopo il Covid. Un saggio di Riccardo Readelli sull'impatto che la pandemia avrà sull'area mediorientale


di Riccardo Redaelli



Questo testo è tratto da uno dei saggi compresi nell’e-book, curato da Damiano Palano e Raul Caruso, Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia, pubblicato dall’editrice Vita e Pensiero. Il volume cerca di ragionare sulle ricadute che lo shock globale del Covid-19 potrebbe avere a livello politico ed economico. L’intero e-book può essere gratuitamente scaricato in formato pdf dal sito della casa editrice Vita e Pensiero e dal sito di Amazon (formato kindle).

«All changed, changed utterly» scriveva Yeats dopo i tragici eventi d’Irlanda del 1916. E così sembra ora a noi, con le nostre vite ancora travolte dall’arrivo del Covid-19. Ma la verità è che è troppo presto per poter delineare con sufficiente precisione quanto duraturi saranno i cambiamenti che questa pandemia ci sta imponendo, e ancor più immaginarne le conseguenze che saranno innestate, direttamente o indirettamente, da quei mutamenti. Ogni scenario che immagini dei futuri alternativi deve necessariamente basarsi su delle evidence, su dei fatti certi da cui partire. E noi oggi ne abbiamo pochissimi, rendendo ogni esercizio di questo tipo rischioso se non futile.
Molti commentatori hanno sottolineato come, fra le prime conseguenze della pandemia, vi sia stata una ulteriore riduzione degli spazi di dissenso e di libera espressione in una regione già caratterizzata da regimi fortemente illiberali. Le misure adottate in nome della prevenzione al contagio, infatti, sono state capitalizzate per restringere ulteriormente le libertà pressoché da tutti i governi, accentuandone l’autoritarismo. In molti casi, i giornalisti, gli attivisti della società civile e i movimenti di dissenso sono stati silenziati. Per fare un esempio, in Arabia Saudita, il principe ereditario e vero detentore del potere, il giovane Mohammad bin Salman (noto in Occidente come MbS) ha subito profittato della situazione con un nuovo repulisti interno alla sterminata casa reale saudita, contro chiunque avesse espresso dubbi sulla concentrazione del potere nelle sue mani o sulle sue avventuristiche politiche regionali.
Eppure sarebbe sbagliato pensare che gli effetti duraturi di questa pandemia si possano risolvere in un generale rafforzamento dei regimi al potere. Perché la deriva autoritaria deve fare i conti con gli effetti sociali ed economici del Covid-19 che, in tutto il mondo, sembrano essere ancora più devastanti di quelli sanitari. Il lockdown mondiale ha infatti prodotto effetti negativi sulle economie mediorientali, spesso caratterizzate da una diffusa povertà e da una pericolosa diseguaglianza sociale, che rappresentano da decenni uno dei principali di fattori di instabilità, con il manifestarsi ricorrente di periodiche proteste e rivolte. La scomparsa dei flussi turistici, la forte riduzione delle remittance dei lavoratori all’estero e il tracollo del prezzo del petrolio stanno già avendo, e avranno ancor più sul medio termine, degli effetti potenzialmente dirompenti per quei regimi. Pertanto, imbavagliare le voci dei giornalisti o di intellettuali e attivisti risulterà molto più semplice che gestire lo scontento e la rabbia delle fasce sociali più povere, che subiranno per prime gli effetti della probabile riduzione dei sussidi, dei programmi di cooperazione internazionale, dell’aumento dei prezzi medi dei generi di prima necessità. Difficoltà che, in modo diverso, interesseranno sia i governi dei paesi più poveri, sia quelli più ricchi legati alle rendite petrolifere.
Il nodo principe che senza dubbio risulterà più intricato a causa di questa pandemia è in fondo lo stesso da decenni. I regimi mediorientali sanno di dover – con qualche lodevole eccezione – ridurre le storture, la corruzione e il clientelismo delle loro economie, ma sono egualmente consapevoli che ogni tentativo di riforma e di razionalizzazione mina alla base i loro poteri clientelari e provoca la rabbia delle fasce popolari più deboli. Come evidenziato da Ayubi, gli stati della regione, pur avendo il potere di reprimere le società che controllano, hanno allo stesso tempo una limitata capacità di interagire con esse e di regolarle. Intrappolati da anni in questo kafkiano circolo vizioso, essi rischiano che il Covid-19 rappresenti il grimaldello che apre “le porte per la ridefinizione di come i gruppi sociali si relazionano allo stato”. In altre parole, saranno ancor più drammaticamente esposti e vulnerabili ai cambi di congiuntura economica globale, tanto più se il mondo che uscirà da questa prova metterà in discussione i passati modelli di consumo e le proprie certezze sull’espansione continua del sistema economico.

Riccardo Redaelli

Puoi continuare a leggere il capitolo scaricando gratuitamente il volume dal sito della casa editrice Vita e Pensiero e dal sito di Amazon (formato kindle).


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