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venerdì 9 ottobre 2020

E Togliatti scoprì nel fascismo la politica di massa. Le "Lezioni sul fascismo" del leader del Pci


di Damiano Palano

Nel 1970, mentre preparava l’edizione completa degli scritti di Palmiro Togliatti, Ernesto Ragionieri si imbatté in un testo custodito negli archivi di Mosca, di cui comprese immediatamente la rilevanza. Si trattava di alcune lezioni che il leader del Pci aveva tenuto nel 1935, in preparazione del VII Congresso dell’Internazionale comunista, ai quadri italiani emigrati in Urss. Il tema delle lezioni era rappresentato dal fascismo, di cui Togliatti proponeva una lettura su alcuni punti piuttosto innovativa. L’interpretazione ‘ufficiale’ fornita da Stalin raffigurava in effetti il fascismo come una «dittatura terrorista aperta», emanazione degli elementi «più reazionari, più sciovinisti, più imperialisti» del capitale finanziario. Benché Togliatti non contestasse esplicitamente quella formula, la sua analisi si muoveva ben più in profondità, puntando soprattutto a mostrare la capacità del regime di organizzare e mobilitare le masse. Anche per questo, invitava a riconoscere una progressiva trasformazione nella fisionomia del potere fascista, che iniziò ad assumere un volto «totalitario» solo dopo il 1925. Ma soprattutto in seguito allo scoppio della crisi economica mondiale, per evitare il restringimento delle proprie basi, il regime cominciò a perseguire l’obiettivo della «politica di massa», sforzandosi cioè di «portare le masse nelle sue organizzazioni, per tenerle legate alla dittatura». In questo senso Togliatti non si limitava a cogliere la novità di un «totalitarismo» che puntava a organizzare stabilmente le masse per mobilitarle dall’alto. Sottolineava anche la capacità che il regime aveva di penetrare nella società italiana – e tra gli stessi lavoratori – colmando, con le proprie organizzazioni, un vuoto. Si occupava naturalmente dei sindacati e del corporativismo, anche se non dava un particolare rilievo a questo aspetto dell’organizzazione. Molto più rilevante ai suoi occhi era invece l’istituzione del dopolavoro, che costituiva una reale innovazione, dal momento che, come osservava il leader del Pci, «un’organizzazione centralizzata per soddisfare i bisogni educativi, culturali, sportivi delle masse non esisteva». E, consapevole dell’importanza di quella dimensione, Togliatti non avrebbe mancato di recepirla, quando alla fine della guerra ridisegnò il profilo organizzativo del Pci, trasformandolo in un partito di massa ben lontano dalla fisonomia originaria del partito leninista.
Commentando la lettura di Togliatti, Ragionieri coniò la formula «regime reazionario di massa», che non compariva nel testo delle lezioni ma che coglieva comunque il senso del ragionamento. Senza dubbio l’elemento più innovativo di quelle lezioni consisteva proprio nel riconoscimento della dimensione di massa che il «totalitarismo» ambiva a conquistare. Ma, riletti a molti anni distanza, quegli appunti rappresentano anche un invito a investigare più a fondo nella ‘storia sociale’ del fascismo, per ritrovarvi alcune tracce di quel rapporto tra istituzioni e masse, tra organizzazioni politiche e società, che la «Repubblica dei partiti» si ritrovò a ereditare.

Damiano Palano


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