di Riccardo Redaelli
Questo
testo è tratto da uno dei saggi compresi nell’e-book, curato da Damiano Palano
e Raul Caruso, Il mondo fragile. Scenari globali dopo la pandemia, pubblicato dall’editrice Vita e Pensiero. Il volume cerca di ragionare sulle
ricadute che lo shock globale del Covid-19 potrebbe avere a livello
politico ed economico. L’intero e-book può essere
gratuitamente scaricato in formato pdf dal sito della casa editrice Vita e Pensiero e dal sito di Amazon (formato kindle).
«All
changed, changed utterly» scriveva Yeats dopo i tragici eventi d’Irlanda del
1916. E così sembra ora a noi, con le nostre vite ancora travolte dall’arrivo
del Covid-19. Ma la verità è che è troppo presto per poter delineare con
sufficiente precisione quanto duraturi saranno i cambiamenti che questa
pandemia ci sta imponendo, e ancor più immaginarne le conseguenze che saranno
innestate, direttamente o indirettamente, da quei mutamenti. Ogni scenario che
immagini dei futuri alternativi deve necessariamente basarsi su delle evidence,
su dei fatti certi da cui partire. E noi oggi ne abbiamo pochissimi, rendendo
ogni esercizio di questo tipo rischioso se non futile.
Molti
commentatori hanno sottolineato come, fra le prime conseguenze della pandemia,
vi sia stata una ulteriore riduzione degli spazi di dissenso e di libera
espressione in una regione già caratterizzata da regimi fortemente illiberali.
Le misure adottate in nome della prevenzione al contagio, infatti, sono state
capitalizzate per restringere ulteriormente le libertà pressoché da tutti i
governi, accentuandone l’autoritarismo. In molti casi, i giornalisti, gli
attivisti della società civile e i movimenti di dissenso sono stati silenziati.
Per fare un esempio, in Arabia Saudita, il principe ereditario e vero detentore
del potere, il giovane Mohammad bin Salman (noto in Occidente come MbS) ha
subito profittato della situazione con un nuovo repulisti interno alla
sterminata casa reale saudita, contro chiunque avesse espresso dubbi sulla
concentrazione del potere nelle sue mani o sulle sue avventuristiche politiche
regionali.
Eppure sarebbe sbagliato pensare che gli
effetti duraturi di questa pandemia si possano risolvere in un generale
rafforzamento dei regimi al potere. Perché la deriva autoritaria deve fare i
conti con gli effetti sociali ed economici del Covid-19 che, in tutto il mondo,
sembrano essere ancora più devastanti di quelli sanitari. Il lockdown mondiale ha infatti prodotto
effetti negativi sulle economie mediorientali, spesso caratterizzate da una
diffusa povertà e da una pericolosa diseguaglianza sociale, che rappresentano
da decenni uno dei principali di fattori di instabilità, con il manifestarsi
ricorrente di periodiche proteste e rivolte. La scomparsa dei flussi turistici,
la forte riduzione delle remittance
dei lavoratori all’estero e il tracollo del prezzo del petrolio stanno già
avendo, e avranno ancor più sul medio termine, degli effetti potenzialmente
dirompenti per quei regimi. Pertanto, imbavagliare le voci dei giornalisti o di
intellettuali e attivisti risulterà molto più semplice che gestire lo scontento
e la rabbia delle fasce sociali più povere, che subiranno per prime gli effetti
della probabile riduzione dei sussidi, dei programmi di cooperazione
internazionale, dell’aumento dei prezzi medi dei generi di prima necessità.
Difficoltà che, in modo diverso, interesseranno sia i governi dei paesi più
poveri, sia quelli più ricchi legati alle rendite petrolifere.
Il nodo principe che senza dubbio
risulterà più intricato a causa di questa pandemia è in fondo lo stesso da
decenni. I regimi mediorientali sanno di dover – con qualche lodevole eccezione
– ridurre le storture, la corruzione e il clientelismo delle loro economie, ma
sono egualmente consapevoli che ogni tentativo di riforma e di
razionalizzazione mina alla base i loro poteri clientelari e provoca la rabbia
delle fasce popolari più deboli. Come evidenziato da Ayubi, gli stati della
regione, pur avendo il potere di reprimere le società che controllano, hanno
allo stesso tempo una limitata capacità di interagire con esse e di regolarle.
Intrappolati da anni in questo kafkiano circolo vizioso, essi rischiano che il
Covid-19 rappresenti il grimaldello che apre “le porte per la ridefinizione di
come i gruppi sociali si relazionano allo stato”. In altre parole, saranno
ancor più drammaticamente esposti e vulnerabili ai cambi di congiuntura
economica globale, tanto più se il mondo che uscirà da questa prova metterà in
discussione i passati modelli di consumo e le proprie certezze sull’espansione
continua del sistema economico.
Riccardo Redaelli
Puoi continuare a leggere il capitolo scaricando gratuitamente il volume dal sito della casa editrice Vita e Pensiero e dal sito di Amazon (formato kindle).