lunedì 6 gennaio 2020

Il rischio per la democrazia sono gli elettori pigri o i politici inadeguati? Un libro di Fabrizio Tonello




di Damiano Palano

Questa recensione al libro di Fabrizio Tonello, Democrazie a rischio. La produzione sociale dell’ignoranza (Pearson, pp. 146, euro 21.00), è apparsa su quotidiano "Avvenire" il 22 ottobre 2019. 

Trent’anni dopo il fatale 1989 la democrazia sembra aver perso il proprio fascino. L’ondata propulsiva della «terza ondata» di democratizzazione si è esaurita da tempo, mentre i regimi autoritari – tra cui in particolare il gigante cinese – sono tornati a rappresentare modelli alternativi alla democrazia liberale. Ma anche in Occidente la situazione è meno rosea che in passato. Secondo alcuni politologi i cittadini occidentali sarebbero infatti meno attaccati che in passato ai valori democratici e soprattutto le generazioni più giovani risulterebbero maggiormente disponibili ad accogliere opzioni autoritarie. Persino sotto il profilo della discussione intellettuale la democrazia viene inoltre sempre più spesso attaccata, perché negli ultimi anni è affiorata una corposa critica «epistocratica», la quale sottolinea che gli elettori sono quasi sempre ignoranti, disinformati o accecati dalle loro preferenze ideologiche. Nel suo volume Democrazie a rischio. La produzione sociale dell’ignoranza (Pearson, pp. 146, euro 21.00), Fabrizio Tonello prende di petto la questione, per contrastare gli argomenti del fronte «epistocratico». Innanzitutto, avverte che dovremmo dubitare dei sondaggi sulla competenza politica dell’«uomo della strada». Anche per Tonello è comunque innegabile che parte dell’elettorato sia pigro e disinteressato alla dinamica delle istituzioni. A suo a giudizio non dovremmo però dimenticare che questo disinteresse è la conseguenza di una serie di processi maturati gradualmente. Tra questi un ruolo rilevante spetta al mutamento nello scenario comunicativo. Se per decenni lo spettacolo televisivo ha modificato il linguaggio politico, i social media hanno creato un assetto inedito, che ha abbattuto i confini delle situazioni sociali consolidate. Il problema non è dunque riducibile alle fake news, perché, più in generale, i social media «creano per l’utilizzatore una situazione psicologica simile a quella di trovarsi in una folla, dove contemporaneamente si provano sensazioni di incertezza e ansia ma anche di onnipotenza». Al quadro complessivo contribuiscono inoltre l’«infantilizzazione» degli adulti, il decadimento della professione giornalistica, la scomparsa delle agenzie che preservavano le tradizioni di competenza e virtù civica, la trasformazione delle istituzioni educative e lo «svuotamento» delle classi medie. Il pericolo per Tonello non viene dunque dall’ignoranza – vera o presunta – dei cittadini. Semmai nasce da quella dei politici, «visibilmente incapaci di affrontare non solo sfide globali urgenti come quella del riscaldamento globale ma perfino problemi banali di amministrazione quotidiana dei rispettivi paesi». Naturalmente questa ‘assoluzione’ degli elettori dalle colpe che gli sono attribuite dai sostenitori dell’«epistocrazia» ha buoni argomenti. Al di là delle responsabilità, il ritratto che Tonello dipinge del cittadino democratico contemporaneo – infantile, emotivo, persino rabbioso nelle sue reazioni – non rende però l’analisi molto confortante. E suggerisce quantomeno che il lavoro di ricostruzione di un tessuto di civismo sarà molto complesso. 

Damiano Palano

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