di
Damiano Palano
Questa recensione al libro di Fabrizio Tonello, Democrazie a rischio. La
produzione sociale dell’ignoranza (Pearson, pp. 146, euro 21.00), è apparsa su quotidiano "Avvenire" il 22 ottobre 2019.
Trent’anni dopo il fatale 1989 la
democrazia sembra aver perso il proprio fascino. L’ondata propulsiva della
«terza ondata» di democratizzazione si è esaurita da tempo, mentre i regimi
autoritari – tra cui in particolare il gigante cinese – sono tornati a rappresentare
modelli alternativi alla democrazia liberale. Ma anche in Occidente la
situazione è meno rosea che in passato. Secondo alcuni politologi i cittadini
occidentali sarebbero infatti meno attaccati che in passato ai valori
democratici e soprattutto le generazioni più giovani risulterebbero
maggiormente disponibili ad accogliere opzioni autoritarie. Persino sotto il
profilo della discussione intellettuale la democrazia viene inoltre sempre più
spesso attaccata, perché negli ultimi anni è affiorata una corposa critica
«epistocratica», la quale sottolinea che gli elettori sono quasi sempre
ignoranti, disinformati o accecati dalle loro preferenze ideologiche. Nel suo
volume Democrazie a rischio. La
produzione sociale dell’ignoranza (Pearson, pp. 146, euro 21.00), Fabrizio
Tonello prende di petto la questione, per contrastare gli argomenti del fronte
«epistocratico». Innanzitutto, avverte che dovremmo dubitare dei sondaggi sulla
competenza politica dell’«uomo della strada». Anche per Tonello è comunque innegabile
che parte dell’elettorato sia pigro e disinteressato alla dinamica delle
istituzioni. A suo a giudizio non dovremmo però dimenticare che questo
disinteresse è la conseguenza di una serie di processi maturati gradualmente.
Tra questi un ruolo rilevante spetta al mutamento nello scenario comunicativo.
Se per decenni lo spettacolo televisivo ha modificato il linguaggio politico, i
social media hanno creato un assetto inedito, che ha abbattuto i confini delle
situazioni sociali consolidate. Il problema non è dunque riducibile alle fake news, perché, più in generale, i
social media «creano per l’utilizzatore
una situazione psicologica simile a quella di trovarsi in una folla, dove
contemporaneamente si provano sensazioni di incertezza e ansia ma anche di
onnipotenza». Al quadro complessivo contribuiscono inoltre l’«infantilizzazione»
degli adulti, il decadimento della professione giornalistica, la scomparsa
delle agenzie che preservavano le tradizioni di competenza e virtù civica, la
trasformazione delle istituzioni educative e lo «svuotamento» delle classi
medie. Il pericolo per Tonello non viene dunque dall’ignoranza – vera o
presunta – dei cittadini. Semmai nasce da quella dei politici, «visibilmente
incapaci di affrontare non solo sfide globali urgenti come quella del
riscaldamento globale ma perfino problemi banali di amministrazione quotidiana
dei rispettivi paesi». Naturalmente questa ‘assoluzione’ degli elettori dalle
colpe che gli sono attribuite dai sostenitori dell’«epistocrazia» ha buoni argomenti.
Al di là delle responsabilità, il ritratto che Tonello dipinge del cittadino
democratico contemporaneo – infantile, emotivo, persino rabbioso nelle sue
reazioni – non rende però l’analisi molto confortante. E suggerisce quantomeno
che il lavoro di ricostruzione di un tessuto di civismo sarà molto complesso.
Damiano Palano
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