di Damiano Palano
Questa nota è apparsa sul sito Cattolica News il 4 settembre 2019, come commento alla formazione del nuovo esecutivo guidato da Giuseppe Conte.
La formazione del nuovo esecutivo presieduto da Giuseppe Conte chiude una crisi di governo apertasi in modo anomalo un mese fa. Ma probabilmente non potrà risolvere l’anomalia del “tripolarismo imperfetto” emerso con le elezioni del marzo 2018, la cui configurazione rappresenterà anzi la principale insidia per la stabilità della nuova maggioranza.
Un
anno e mezzo fa, le urne ci avevano infatti consegnato un assetto
sostanzialmente tripolare, con una serie di anomalie che lo rendevano per molti
versi “bloccato”. La prima era il rifiuto da parte del partito di maggioranza
relativa – il MoVimento 5 stelle – di
collocarsi in modo chiaro sull’asse destra/sinistra. Se una simile opzione
“post-ideologica” era stata uno dei fattori alla base del successo di questo
singolare catch-all-party,
evidentemente precludeva la possibilità che la meccanica del nuovo tripolarismo
si collocasse sul continuum destra/sinistra e desse vita a formule
tradizionali, basate sull’alternativa tra centro-destra e centro-sinistra. Una
seconda anomalia discendeva da alcune ulteriori preclusioni. Fino a quel
momento i pentastellati avevano fatto una bandiera della loro ostilità a
qualsiasi alleanza con altre forze, giudicate pressoché senza eccezioni
espressione della “casta” e della “vecchia politica”. A sua volta, il Partito
democratico, a dispetto della collocazione potenzialmente centrista che
assumeva nel nuovo quadro, esprimeva l’indisponibilità a sostenere qualsiasi
esecutivo, decidendo dunque di assumere programmaticamente un ruolo di
opposizione nella nuova legislatura. Dopo un’estenuante trattativa, come
sappiamo, l’anomalia del tripolarismo bloccato fu superata dal compromesso di
governo tra M5S e Lega: un compromesso che nasceva probabilmente dalla
convinzione (o dalla scommessa) che
quell’esperienza potesse sancire la transizione verso un nuovo bipolarismo, e
che, nella “Terza Repubblica” i vecchi partiti dovessero diventare sempre più
marginali. Che si trattasse di un calcolo sbagliato era già allora piuttosto
chiaro, perché – alleandosi con una formazione chiaramente collocata nella
galassia del “populismo autoritario”, o comunque di una destra piuttosto
radicale – il MoVimento 5 stelle avrebbe
quasi inevitabilmente smarrito l’originaria identità “post-ideologica”
(e dunque una parte dei propri elettori). E al di là delle performance del
primo governo Conte, per la formazione pentastellata è effettivamente diventato
sempre più difficile evitare di essere risucchiata dallo slittamento verso
destra trainato da Salvini.
Il
secondo governo Conte nasce naturalmente in un contesto diverso da quello
seguito al 4 marzo 2018, perché la nuova maggioranza è resa possibile dal
radicale cambiamento di linea del Pd, ora disponibile a estrarre i propri voti
dal “congelatore” per metterli in gioco. Ma il nuovo esecutivo si troverà
esposto a tensioni per molti versi speculari rispetto a quelle sperimentate dal
precedente governo. Il MoVimento 5 stelle – sfruttando appieno la propria
“ideologia sottile” (e malleabile) – potrà puntare a riconquistare quel bacino
di sostenitori che proviene da una collocazione di sinistra. Ma nel fare questo
correrà il rischio di essere pienamente “normalizzato”, non solo per la perdita
del proprio originario vigore “anticasta”, ma principalmente perché dovrà
attenuare sensibilmente quell’identità “post-ideologica” così efficace per
intercettare voti in tutti i settori della società. E probabilmente, così come
l’alleanza con Salvini ha generato una “corrente” di sinistra, rappresentata
soprattutto dal presidente della Camera, l’alleanza col Pd spingerà alla
nascita di una componente “sovranista”, destinata a rivelarsi una spina nel
fianco per Conte. Ma il nuovo governo, oltre a fronteggiare quotidianamente gli
attacchi che giungeranno dal fronte di destra, sarà indebolito anche dalle
critiche che – dall’interno del Pd – rimprovereranno all’esecutivo una torsione
radicale verso sinistra e che alimenteranno l’ambizione di dar vita a nuovi
progetti centristi.
Che
tutte queste insidie debbano rendere difficile la vita del nuovo esecutivo è
ovviamente solo una delle ipotesi in campo, perché una serie di vincoli –
soprattutto economici e internazionali – potrebbe dare al governo quella
coerenza che le forze politiche sembrano per ora disposte solo in parte a
garantire. Ma certo l’instabile configurazione del “tripolarismo imperfetto” –
con tutte le sue irrisolte anomalie – non renderà agevole la strada di Giuseppe
Conte.
Damiano Palano