giovedì 11 luglio 2019

Washington, Pechino e la «trappola di Tucidide». Un libro di Graham Allison



di Damiano Palano

Questa recensione al libro Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide? (Fazi, pp. 517, euro 25.00) del politologo Graham Allison è apparso su quotidiano "Avvenire" il 17 febbraio 2019.



Per gli studiosi di relazioni internazionali, la «trappola di Tucidide» è diventata negli ultimi anni un tema di ricerca quasi obbligato. Il nome dello storico ateniese viene evocato per indicare quel meccanismo in virtù del quale gli Stati Uniti e la Cina, nel prossimo futuro, potrebbero trovarsi impegnati in una guerra. Nel ricostruire le dinamiche che condussero alla guerra del Peloponneso, Tucidide aveva infatti messo in luce come l’ascesa economica, politica e culturale di Atene avesse creato le condizioni dello scontro militare. «La crescita della potenza ateniese e il timore che ormai incuteva agli spartani», scrisse lo storico, «resero inevitabile il conflitto». La «trappola» era consistita cioè tanto nell’avanzata di una nuova potenza, quanto nel timore nutrito da Sparta, che in precedenza aveva vittoriosamente guidato le città greche contro i persiani.
Nel suo Destinati alla guerra. Possono l’America e la Cina sfuggire alla trappola di Tucidide? (Fazi, pp. 517, euro 25.00), il politologo Graham Allison affronta la questione sulla scorta dei risultati di un ambizioso progetto di comparazione storica condotto da un gruppo di ricerca dell’Università di Harvard. Il suo obiettivo consiste nel comprendere se il meccanismo individuato da Tucidide renda il conflitto «inevitabile», come fu per Sparta e Atene. Considera così ben sedici casi che, a partire dal XV secolo, videro una potenza in declino confrontarsi con una potenza in ascesa. E i risultati della comparazione non sono molto confortanti. In dodici casi la «trappola» condusse infatti a conflitti militari, mentre solo in quattro occasioni non ci furono guerre: tra Portogallo e Spagna alla fine del Quattrocento, tra Regno Unito e Usa tra Otto e Novecento, tra Washington e Mosca durante la Guerra fredda, tra Francia e Germania dopo il 1989 (nel confronto per l’influenza sull’Europa). Ovviamente non tutti questi quattro casi (soprattutto l’ultimo) risultano davvero tra loro confrontabili. Ma è comprensibile che l’attenzione di Allison si diriga proprio a questi, per comprendere quali siano le scelte che consentono di allontanare un conflitto. La tesi del libro è infatti che, nei prossimi decenni, l’eventualità di una guerra tra Cina e Stati Uniti sarà molto più probabile di quanto di solito si riconosca, benché uno scontro militare sia tutt’altro che inevitabile. La storia dimostra piuttosto che le potenze possono gestire pacificamente i rapporti con i loro rivali, anche con quelli che rischiano di superarli. E, per quanto riguarda la politica di Washington, la critica di Allison è quantomeno severa. A suo avviso il presupposto che orienta molte scelte americane, e cioè l’intento di conservare lo status quo, è irrealistico dinanzi ai ritmi della crescita cinese. Ciascuno dei due contendenti dovrebbe piuttosto definire con chiarezza i propri interessi vitali, evitando nelle relazioni reciproche quelle dissimulazioni che provocano ambiguità e incertezza. Ma, soprattutto, per evitare di cadere nella «trappola», tanto Washington quanto Pechino dovrebbero prendere atto che le sfide principali sono, per entrambe le potenze, soprattutto nazionali.


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