di Damiano Palano
Questa recensione al volume di Andrea Graziosi, Il futuro contro. Democrazia, libertà, mondo giusto (Il Mulino, pp. 177, euro 16.00, è apparsa su quotidiano "Avvenire".
L’euforia degli anni Novanta per le
prospettive della democrazia liberale ormai è solo un ricordo. La speranza che
il modello democratico si estendesse al mondo intero si è infranta contro la
realtà di nuovi e ambiziosi regimi autoritari. E le tendenze ‘illiberali’ e
‘autoritarie’ sono così evidenti – più o meno in tutte le aree del pianeta – da
non poter essere liquidate come fenomeni transitori. Nel suo ultimo libro Il futuro contro. Democrazia, libertà, mondo
giusto (Il Mulino, pp. 177, euro 16.00), Andrea Graziosi propone un quadro
interpretativo generale – e tutt’altro che ottimistico – di queste tensioni. Le
cause che lo storico mette in fila sono ovviamente numerose. Ma c’è una
spiegazione che trova davvero insoddisfacente, e contro cui imbastisce l’intera
analisi. A suo avviso le tendenze illiberali che scuotono il mondo non possono
essere interpretate né come una reazione al peggioramento della condizione
economica del pianeta provocata dalla globalizzazione, né come una risposta
all’aumento della diseguaglianza che essa avrebbe provocato. In realtà,
sottolinea, negli ultimi tre decenni la diseguaglianza globale è diminuita
(anche dopo la crisi del 2007-2008), il mondo ha conosciuto un miglioramento
sostanziale delle condizioni di vita e la percentuale delle persone che vive in
condizioni di estrema povertà si è sensibilmente ridotta (scendendo al di sotto
del 10%). Queste trasformazioni hanno però cambiato la condizione
dell’Occidente, che si trova a sperimentare un declino relativo (e cioè legato al fatto che la sua crescita è molto più
lenta rispetto a quella degli attori emergenti). Se i redditi reali della
popolazione mondiale sono aumentati in modo vertiginoso, è diminuito il tasso
di crescita dell’Occidente. E una piccolissima minoranza ha visto crescere in
modo molto rapido le proprie ricchezze. Il «malessere occidentale» nasce dunque
per Graziosi non da un peggioramento in termini assoluti, bensì da una
percezione di decadenza. In altre parole, anche se la popolazione occidentale
non è stata colpita da un impoverimento assoluto, si sente più povera, sia
perché è circondata da immagini di super-ricchi, sia perché tende a percepire
come un ‘assedio’ l’ascesa di nuovi protagonisti. E sarebbe così proprio la sensazione
di un forte declino relativo (acuito peraltro dalla demografia) a generare le tendenze
illiberali. Ma un quadro tanto pessimista – che in parte sottovaluta le
tensioni ‘populiste’ e ‘nazionaliste’ che affiorano al di fuori dell’Occidente
– non considera irresistibile il canto delle sirene illiberali. Per molti versi
Graziosi invita piuttosto a prendere atto del fallimento della retorica
ottimistica propria dell’immaginario liberale. E a riconoscere la necessità di
costruire una nuova «narrazione», in grado di presentare il futuro senza
ricorrere alla retorica della nostalgia. Ma non si tratta certo di un compito
agevole. Se non altro perché le ideologie degli ultimi due secoli non hanno
fatto che declinare in direzioni diverse la medesima visione, che rappresenta
la storia umana proprio nei termini di un incessante «progresso».
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