di Damiano Palano
Per molti anni, dopo il 1989, un po’
tutti abbiamo creduto che la Storia fosse finita. Non tanto perché pensassimo
che non ci sarebbero stati mutamenti, innovazioni e conflitti più o meno
cruenti. Quanto perché – come scrisse Hegel a proposito degli ideali della
rivoluzione francese, all’indomani della vittoria di Napoleone a Jena nel 1806
– anche noi abbiamo ritenuto che la democrazia liberale avesse definitivamente
sbaragliato i suoi antagonisti. E soprattutto abbiamo immaginato che i
possibili mutamenti futuri avrebbero semmai potuto ‘migliorare’ le forme della
democrazia liberale, senza però metterne in questione i cardini. Anche per
questo, i politologi occidentali che per anni hanno puntualmente registrato le
evoluzioni della nostra geografia elettorale, non hanno mai preso seriamente in
considerazione l’idea che le «democrazie mature» fossero esposte a rischi
fatali. Con una chiave di lettura più ottimista, alcuni hanno interpretato le
trasformazioni seguite al crollo del blocco sovietico nei termini di un
passaggio dalla democrazia dei partiti a una «democrazia del pubblico»: un
assetto in cui gli elettori, liberi dai vincoli ideologici, potevano votare
esprimendo la loro opinione, valutando – proprio come il pubblico di un teatro
– le proposte avanzate dai vari candidati. Altri, con uno sguardo più
pessimista, hanno invece rinvenuto nel calo della partecipazione politica e
nella crescente sfiducia verso la classe politica e verso le istituzioni i
sintomi di una crisi incipiente, o comunque di un ‘malessere’ capace di indebolire
le basi della convivenza democratica. Ma in ogni caso, neppure i più pessimisti
hanno rinvenuto in queste tendenze minacce davvero capaci di determinare un
‘crollo’, o quantomeno di ‘deconsolidare’ l’assetto dei regimi democratici.
A
un certo punto il contesto è invece cambiato radicalmente e i sismografi che
misurano le oscillazioni del clima di opinione hanno incominciato a impazzire.
Nel 2016 – con il referendum sulla Brexit e la trionfale cavalcata elettorale
di Donald Trump – il mutamento è diventato eclatante, anche se
retrospettivamente si può riconoscere il punto di avvio del nuovo ciclo già nel
2008. In ogni caso, a partire da quel momento il «pubblico» delle democrazie
occidentali ha assunto i tratti di una massa rancorosa, mentre la silenziosa
disaffezione lamentata nei due decenni precedenti si è tramutata in ostilità
verso ogni «casta» e in rumorosa insofferenza verso l’establishment. Per dare
un nome a questa esplosione di risentimento molti hanno estratto dalla
‘cassetta degli attrezzi’ delle scienze sociali il concetto di «populismo».
Così è diventato un luogo comune dire che siamo dinanzi a una rivolta del
«popolo» contro l’establishment, o – come ha scritto per esempio Alessandro
Baricco alcuni mesi fa – che stiamo assistendo alle conseguenze della rottura
del «patto» tra il popolo e le élite, su cui le democrazie mature si sarebbero
fondate per settant’anni. E qualcuno si è anche spinto a sostenere che la linea
di divisione tra «alto» e «basso» avrebbe ormai sostituito – forse persino in
via definitiva – la vecchia linea di demarcazione tra destra e sinistra,
irrimediabilmente consegnata al passato. Ma chi utilizza la nozione di
«populismo» spesso finisce col farne un uso piuttosto disinvolto, talvolta adoperandolo
come una vera e propria clava ideologica, e in ogni caso senza avvedersi (quasi
mai) delle distorsioni che si nascondono in quella nozione. Il concetto di
«populismo», pur avendo delle radici nel narodnicetsvo
russo e nel People’s Party statunitense della fine dell’Ottocento, venne infatti
radicalmente ridefinito dai politologi americani degli anni Cinquanta e
Sessanta. E da quel momento porta con sé una distorsione originaria, che – più
che descrivere un’ideologia, una mentalità, uno stile politico – tende a
squalificarlo come una forma deteriore di demagogia, come una propaganda irrazionale,
moralista e manichea, come una tendenza plebiscitaria implicitamente
totalitaria. Certo non è difficile riconoscere nel linguaggio dei «populisti»
contemporanei molti di questi tratti. Adottando questo schema interpretativo si
rischia però di replicare quella stessa logica semplificatrice, rozza, manichea,
che viene rimproverata ai «populisti», e cioè di attribuire a questi ‘nemici’
della democrazia liberale qualcosa che, a ben guardare, è un tratto costitutivo
dello stesso progetto democratico occidentale.
Forse
per capire davvero cosa c’è dietro la ‘rivolta’ del popolo contro le élite
dovremmo invece mettere da parte – o usare con cautela – il concetto di
«populismo». E dovremmo mettere in questione quella chiave di lettura che vede
nel presente la rivolta del «popolo» rabbioso, ignorante, brutale, contro le
«élite». Interrogandoci un po’ più seriamente sulle radici profonde di un
mutamento che investe – non da oggi – gli immaginari politici, le
organizzazioni, gli stili di partecipazione, la crescita della polarizzazione. Perché
probabilmente la Storia è davvero ricominciata. Ma molto di quello che ci
appare ‘nuovo’ è forse solo qualcosa che avevamo dimenticato.
Damiano Palano
***
Ciclo «Politica in transizione» 2019 (Quarta edizione)
Popolo contro élite?
Otto incontri sul malessere della democrazia europea
Venerdì 8 marzo, ore 14.30
Oltre la destra e la sinistra?
In occasione della pubblicazione del numero della rivista «Spazio filosofico» (22/2018) dedicato a Destra e sinistra
Con Roberto Chiarini (Università degli Studi di Milano), Nicola Pasini (Università degli Studi di Milano), Vittorio Emanuele Parsi (Università Cattolica del Sacro Cuore - Aseri)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.014 – Sala Negri da Oleggio
Venerdì 15 marzo, ore 14.30
Cosa resta della Repubblica dei partiti?
In occasione della pubblicazione del volume di Piero Ignazi, I partiti in Italia dal 1945 al 2018, Il Mulino, Bologna, 2018,
Con Paolo Colombo (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Piero Ignazi (Università degli Studi di Bologna)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.016 Maria Immacolata
Lunedì 18 marzo, ore 11:30 – Cripta Aula Magna
Sharp Power
La guerra digitale è già cominciata?
In occasione della pubblicazione del volume di Paolo Messa, L’era dello Sharp Power. La guerra (cyber) al potere, Egea, Milano, 2018.
Con Pier Donato Vercellone (Presidenti Ferpi), Vittorio Emanuele Parsi (Università Cattolica del Sacro Cuore – Aseri), Simone Crolla (American Chambers of Commerce in Italy) e Paolo Messa (Centro Studi Americani)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.005 Cripta Aula Magna
Lunedì 25 marzo, ore 15.30
Metamorfosi di un partito
La Lega di Matteo Salvini
In occasione della pubblicazione del volume di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, La Lega di Salvini. Estrema destra di governo, Il Mulino, Bologna, 2018.
Con Martino Mazzoleni (Università Cattolica del Sacro Cuore), Gianluca Passarelli (Università La Sapienza – Roma), Dario Tuorto (Università di Bologna).
Introduce: Damiano Palano
Aula G.014 - Sala Negri da Oleggio
Lunedì 1 aprile, ore 15.30
Le lobby sono un male per la democrazia?
In occasione della pubblicazione del volume di Andrea Pritoni, Lobby d’Italia. Il sistema degli interessi tra Prima e Seconda Repubblica, Carocci, Roma, 2017.
Con Andrea Pritoni (Università di Torino), Martino Mazzoleni (Università Cattolica) e Antonio Campati (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Introduce: Damiano Palano
Aula G. 152
Venerdì 5 aprile, ore 14.30
Democrazia avvelenata
In occasione della pubblicazione del volume di Dario Antiseri, Enzo Di Nuoscio, Flavio Felice, Democrazia avvelenata Rubbettino, Soveria Mannelli, 2018.
Con Silvio Cotellessa (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Flavio Felice (Università degli Studi del Molise)
Introduce: Damiano Palano
Aula G. 117 Duns Scoto
Lunedì 6 maggio, ore 15. 30
Possiamo guarire dalla «demopatìa»?
In occasione della pubblicazione del volume di Luigi Di Gregorio, Demopatìa. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2019.
Con Patrizia Catellani (Università Cattolica del Sacro Cuore), Luigi Di Gregorio (Università della Tuscia) e Ruben Razzante (Università Cattolica del Sacro Cuore)
Introduce: Damiano Palano
Aula G.127 Pio XI
Lunedì 13 maggio, ore 15.30
La buona politica
Come ricostruire una «comunità di destino»?
In occasione della pubblicazione del volume di Paolo Pombeni, La buona politica (Il Mulino, Bologna 2019).
Con Guido Merzoni (Università Cattolica del Sacro Cuore), Lorenzo Ornaghi (Università Cattolica del Sacro Cuore) e Paolo Pombeni (Università di Bologna)
Introduce: Damiano Palano
Aula NI 110 (Via Nirone)
Tutti gli incontri si svolgeranno presso la sede milanese dell’Università Cattolica (Largo Gemelli 1, Milano).
Gli incontri sono aperti al pubblico
Il ciclo è patrocinato da
Dipartimento di Scienze politiche - Università Cattolica
Facoltà di Scienze politiche e sociali - Università Cattolica
Per informazioni:
democrazieintensione@gmail.com
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