Ancora per alcuni giorni (fino al 23 maggio) è possibile avanzare proposte di paper per il Convegno della Società Italiana di Scienza Politica che si terrà a Torino nel settembre 2018.
Possono inviare proposte sia gli iscritti sia i non iscritti alla Sisp. In ogni caso, è necessario utilizzare la piattaforma mysisp.
Si segnalano di seguito due panel, rispettivamente inseriti nella sezione Teoria politica e nella sezione "(Mal)governo e qualità della classe politica"
Panel 2.8 Democrazia e ri-definizioni. La teoria politica e il «malessere» della teoria democratica
Chair: Damiano Palano e Giulio De Ligio
La teoria politica e il «malessere» della teoria democratica
Chair: Damiano Palano
Nel corso del XX secolo le diagnosi intorno alla ‘crisi’, al ‘declino’ e alla ‘trasformazione’ della democrazia
hanno rappresentato una sorta di vero e proprio genere della letteratura politica e politologica. Nelle
diverse stagioni del «secolo breve» (e a seconda della specifica prospettiva d’osservazione), sono però
notevolmente mutati i fattori dipinti come ‘cause’ principali della «crisi». Nell’ultimo quarto di secolo le
voci che, con toni più o meno allarmati, hanno iniziato a segnalare una nuova «crisi» delle istituzioni
democratiche si sono fatte comunque piuttosto insistenti. Proprio mentre il numero complessivo dei regimi
democratici cresceva in modo significativo e mentre il principio democratico sembrava avere
definitivamente sbaragliato i suoi storici avversari ideologici, molti osservatori – da prospettive anche molto
diverse – hanno cominciato a intravedere nelle trasformazioni contemporanee i segnali di uno
‘svuotamento’ delle istituzioni democratiche. In termini fortemente polemici, Sheldon Wolin ha per
esempio definito la democrazia americana come un «totalitarismo rovesciato», e Colin Crouch ha
individuato la tendenza dei sistemi politici occidentali a spostarsi verso un assetto «post-democratico».
Charles Tilly ha proposto l’idea di una tendenza alla «de-democratizzazione», mentre Peter Mair ha
formulato l’ipotesi di una progressiva ‘depoliticizzazione’ delle democrazie occidentali (e in particolare di
quelle dei paesi membri dell’Ue). Ma attorno al «malessere democratico» è cresciuto un dibattito
sterminato, che è si interrogato soprattutto sul rischio che processi complessi – e in larga parte ‘strutturali’
– vadano obliterare le garanzie «procedurali» della democrazia, tanto da ‘svuotare’ la forma democratica di
qualsiasi sostanza politica. Queste ipotesi suggeriscono cioè che gli elementi ‘minimi’ della democrazia
competitiva – di solito individuati nel dibattito politologico, a partire da Schumpeter, Dahl, Sartori – non
siano sufficienti a garantire la democraticità del sistema, impotenti a controllare gli autentici processi
decisionali. In modo ancora più radicale, alcune voci sostengono invece che quegli stessi elementi di base
siano addirittura sottoposti a un processo di lenta – ma non invisibile – erosione. In altre parole, tendono
proprio a chiedersi se le «promesse non mantenute» della democrazia, di cui parlava Norberto Bobbio più
di trent’anni fa, non siano divenute così tante, e così rilevanti, da aver del tutto snaturato i caratteri dei
regimi occidentali contemporanei.
Nella domanda che pone il dibattito si nasconde certo anche una vibrata polemica contro l’ennesimo
‘tradimento’ della democrazia, e cioè contro l’abbandono (più o meno consapevole) dei valori che
alimentano l’aspirazione alla democrazia. Ma nel dibattito non difficile riconoscere anche un nodo più che
intricato, che attiene direttamente alla stessa descrizione ‘realistica’ di quanto avviene all’interno di un
regime democratico. Le voci che affollano il contemporaneo dibattito sulla «crisi» della democrazia
svolgono infatti anche una critica che considera l’esistenza di una competizione fra élite politiche per la
conquista del voto popolare come un criterio eccessivamente limitato per la definizione della democrazia.
Al tempo stesso, pongono – seppur solo in filigrana – anche una domanda ulteriore, che viene a mettere in
questione la stessa pretesa di «realismo» che, fin dalle origini, contrassegna la teoria competitiva della
democrazia. Una domanda che, in sostanza, punta a chiedersi se la formazione di nuove élite
transnazionali, la trasformazione dei partiti, lo sviluppo della comunicazione politica e l’insieme dei processi
di globalizzazione non vengano a ‘svuotare’ le istituzioni democratiche postbelliche a tal punto da
determinare una loro modificazione strutturale, capace di alterare la stessa struttura genetica del regime
democratico e di condurre a qualcosa di diverso, a una condizione inedita di «postdemocrazia». Il panel intende inserirsi in questa discussione sul «malessere della democrazia» ponendo una domanda
specifica, centrata non tanto sulla rilevazione empirica degli elementi che testimonierebbero la «crisi»,
quanto sulla stessa definizione teorica della «democrazia». La domanda di fondo è se la definizione
‘classica’ (o ‘neo-classica’) della «democrazia», elaborata nel corso del Novecento, non richieda di essere
approfondita e aggiornata, per tenere conto di ulteriori elementi, ed eventualmente in quale direzione.
L’obiettivo del panel è dunque quello di sollecitare contributi alla discussione sul «malessere» della teoria
democratica. In particolare, sono sollecitati paper che si concentrino, anche problematicamente e
criticamente, su questi aspetti:
- la discussione teorica sulla «democrazia», i suoi fondamenti valoriali, i suoi elementi distintivi, le
sue trasformazioni;
- il dibattito teorico sulla «crisi della democrazia» e i suoi aspetti critici;
- il dibattito teorico sui concetti di «postdemocrazia», «de-democratizzazione», «de-politicizzazione»
delle istituzioni democratiche.
Chair: Damiano Palano
Una cospicua letteratura ha da molti anni sottolineato come le tendenze legate ai fenomeni di
“personalizzazione” e“presidenzializzazione” dei sistemi politici occidentali abbiano inciso anche
sull’organizzazione interna dei partiti, rafforzando il ruolo dei leader e in generale degli organi direttivi
rispetto alla base e all’organizzazione diffusa sul territorio. Pur con significative differenze, non potendo
disporre di solide identificazioni e del riferimento a chiare coordinate ideologiche, i diversi partiti che
calcano le scene delle nostre democrazie – siano essi riconducibili al “catch-all-party”, al “cartel party”, al
“partito personale”, al partito “mediale” o ad altre formule – fanno d’altronde dell’immagine dei loro
leader la principale risorsa simbolica e comunicativa. Al tempo stesso, le rilevazioni sulla percezione della
classe politica testimoniano come, in pressoché tutte le democrazie occidentali, la fiducia nei confronti di
chi occupa cariche politiche sia estremamente bassa e come il ceto politico sia considerato quasi
invariabilmente come incapace, inadeguato e corrotto. Il paradosso per cui i nostri sistemi politici, pur
nutrendosi del carisma di “grandi capi”, sono contrassegnati da una sfiducia pressoché generalizzata nei
confronti di leader percepiti come “pessimi”, pone una questione teorica significativa, che riguarda la
stessa possibilità di valutare la “qualità” della leadership politica? Per capire se davvero la percezione di
avere di fronte una classe politica “mediocre” è fondata, sarebbe infatti necessario disporre di criteri per
stabilire i meriti e i demeriti del personale politico. Si dovrebbero inoltre individuare specifiche aree
operative e determinati obiettivi rispetto a cui valutare l’efficacia (o inefficacia) dell’azione del ceto politico.
E, infine, si dovrebbe chiarire se la “qualità” della classe politica vada valutata sulla base dell’etica della
“responsabilità” o della “convinzione”.
Questo panel intende sollecitare contributi che ‘prendano sul serio’, dal punto di vista teorico o empirico, il
problema della valutazione della classe politica, senza limitarsi a recepire il “senso comune” intorno allo
scarso livello dell’attuale classe politica, ma, al tempo stesso, senza rinunciare all’obiettivo di “valutare” la
sua “qualità”.
Sono più in particolare sollecitati contributi che prendano in considerazione questi aspetti:
- la possibilità di valutare la “qualità” della classe politica;
- la relazione tra “qualità” della classe politica e organizzazione partitica;
- la relazione tra “qualità” della classe politica e processo democratico;
- l’influenza che i meccanismi di selezione hanno sul profilo della classe politica.
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