di
Damiano Palano
L’uomo
moderno del genus totalitario,
scriveva il filosofo russo Alexandre Koyré nel 1945, «nuota nella menzogna,
respira nella menzogna, è prigioniero della menzogna in ogni istante della sua
vita». Se certo i regimi autoritari e totalitari del Novecento si fondavano sul
ricorso sistematico alla manipolazione, la riflessione occidentale discute però
fin dalle origini sull’utilizzo per fini politici della menzogna. E per questo si
potrebbe anche cedere alla tentazione di archiviare come una bolla di sapone
mediatica il grande clamore cresciuto attorno alle fake-news e alla «post-verità». In realtà le cose sono un po’ più
complesse. Il punto non consiste tanto nel fatto che ci sia qualcuno che mette
in circolazione notizie false, deformate e manipolate, quanto nella velocità
con cui queste informazioni circolano. È per questo che strumenti
‘tradizionali’ – che prevedono per esempio organismi pubblici chiamati a
controllare sulla proliferazione di fake
news – risultano del tutto inadeguati. Ed è per questo che ognuno di noi dovrebbe
invece diventare più consapevole degli strumenti che utilizza. Un modo per
cominciare questa sorta di ‘alfabetizzazione’ è la lettura di Il falso e il vero. Fake news: che cosa
sono, chi ci guadagna, come evitarle (Feltrinelli, pp. 157, euro13.00), un
volume di Gabriela Jacomella, fondatrice di un’associazione che promuove la
cultura del fact-checking. Jacomella cerca innanzitutto di chiarire che
esistono vari tipi di cattiva informazione (non tutti vere e proprie fake news). Ma distingue anche la
«disinformazione» in senso proprio, che consiste nella diffusione deliberata di
notizie false, dalla «misinformazione», che identifica invece il comportamento
di chi contribuisce a diffondere inconsapevolmente informazioni manipolate,
magari condividendo il post di un amico su Facebook
senza sapere – per superficialità o per ingenuità – che si tratta di notizie
false. È ovviamente proprio questo secondo canale a diventare sempre più
rilevante, anche perché i social network sono, ogni giorno di più, la principale
fonte di notizie per molte persone. Sarebbe inoltre piuttosto ingenuo ritenere
che dietro la proliferazione delle fake
news ci siano soltanto dei calcoli politici o il tentativo di influenzare
l’esito di qualche competizione elettorale. Certo è probabile che ci sia
qualcuno che tenta davvero di farlo, ma la motivazione alla base della generazione
e della diffusione delle fake news è principalmente
economica. Molto semplicemente, i ‘fabbricanti’ di «bufale» guadagnano in base
alla visualizzazione delle pubblicità ospitate su blog e siti, e non fanno
altro che ‘costruire’ notizie capaci di attrarre – anche solo per qualche
attimo – l’attenzione dei lettori, magari con il ricorso a qualche immagine
scandalosa o a un titolo accattivante.
La
rapidità degli scambi e la viralità del «contagio» rendono davvero difficile
controllare questi flussi. Esistono già algoritmi che individuano le fake news, applicando un bollino per
mettere in guardia i lettori. Ma non è questo il suggerimento principale di
Jacomella, che invece invita ogni singolo utente a diventare fact-checker. Propone così un piccolo
decalogo per difendersi dalla seduzione delle «bufale». Suggerisce per esempio
di controllare l’indirizzo del sito (per capire se si tratta di un organo
‘rispettabile’ o di una sua abile imitazione), di diffidare dei titoli urlati
(spesso in caratteri maiuscoli), di controllare se le immagini corrispondono
effettivamente alle notizie cui sono abbinate, di verificare l’attendibilità
delle fonti citate, di cercare se anche i media ‘ufficiali’ riportano la
medesima notizia. Poche regole essenziali, e in fondo alla portata di tutti. Regole
che probabilmente non possono impedire lo sviluppo di nuove tecniche di
manipolazione, sempre più insidiose. Ma che sono comunque utili per navigare
con maggiore consapevolezza nel mare di notizie del web.
Damiano Palano
Grazie per l'attenzione dedicata al "mio" pesciolino rosso che si spaccia per squalo! Un saluto, Gabriela Jacomella
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