giovedì 29 dicembre 2016
Sarà un algoritmo che ci seppellirà? Un libro di Dominique Cardon sulla "società dei calcoli"
di Damiano Palano
Questa recensione al volume di Dominque Cardon, Che cosa sognano gli algoritmi. Le nostre vite al tempo dei «big data» (Mondadori Università, pp. 90, euro 10.00), è apparsa su "Avvenire" il 27 dicembre 2016, con il titolo Algoritmi e prove di "conformismo personalizzato".
Già molto prima che i computer invadessero la nostra vita quotidiana si incominciò a intravedere l’ombra sinistra del vecchio Golem nei rudimentali robot immaginati dalla fantascienza. E da allora il sospetto che un sofisticato manufatto tecnologico possa sottrarsi al controllo degli esseri umani non ha cessato di alimentare il nostro immaginario. Oggi l’insidia alla nostra libertà non sembra però giungere tanto dai robot, quanto da un elemento che permea ormai quasi ogni aspetto della nostra vita, anche se probabilmente non siamo neppure del tutto consapevoli della sua influenza: gli algoritmi. Senza arruolarsi nell’esercito degli «apocalittici», e senza innalzare la bandiera della tecnofobia, il volume di Dominque Cardon, Che cosa sognano gli algoritmi. Le nostre vite al tempo dei «big data» (Mondadori Università, pp. 90, euro 10.00) rappresenta un’ottima guida per comprendere innanzitutto quale sia la portata della trasformazione che stiamo vivendo.
Un tempo i calcoli statistici riguardavano principalmente gli Stati e le imprese, ma le cose sono cambiate radicalmente con l’avvento di internet. Inizialmente si sono sviluppate tecniche per misurare l’audience dei siti, poi sono nati i grandi motori di ricerca come Google, capaci di misurare la ‘forza sociale’ di una pagina. Infine è comparsa una nuova famiglia di calcolo digitale, che si basa sull’apprendimento automatico (machine learning) e punta a ‘predire’ il comportamento futuro degli internauti, oltre che a spingerli ad agire in un certo modo. E proprio per questo gli algoritmi – che in termini generali sono solo istruzioni che consentono di giungere a un risultato, organizzando gerarchicamente delle informazioni e operando dei calcoli – sono diventati progressivamente più importanti. Gli algoritmi hanno infatti oggi il compito di smistare, aggregare e rappresentare tutte quelle ‘tracce’ che ciascuno di noi lascia quando acquista un prodotto online, quando naviga su internet alla ricerca di un ristorante tipico, quando legge un giornale sul tablet, quando paga al supermercato con la carta di credito, quando entra in autostrada. Il punto cruciale è però soprattutto che l’algoritmo riesce a ‘imparare’ dalla mole quasi sterminata di dati cui attinge. Confronta il profilo di un utente con quello di altri che hanno fatto le stesse scelte. E così è in grado di ipotizzare, per esempio, che un individuo che ha acquistato (o solo cercato) un determinato libro possa essere interessato a un certo film, o che desideri mangiare in determinato tipo di ristorante, oppure che intenda assistere al concerto di uno specifico artista. E questa ‘predizione’ avviene semplicemente sulla base dell’esame del passato di consumatori ‘simili’, ossia grazie al confronto dei profili di utenti che hanno compiuto scelte analoghe.
L’irruzione dei big data e la penetrazione nella vita quotidiana degli algoritmi sono ovviamente fenomeni destinati a produrre conseguenze enormi sulle strategie di marketing più consolidate e sulla stessa logica della comunicazione. Ma Cardon attira la nostra attenzione soprattutto sulle insidie che si nascondono dietro la nuova società dei calcoli. Insidie che innanzitutto mettono a rischio la privacy di ciascuno di noi. Ma che vanno a incidere anche sulla nostra autonomia e sulla nostra libertà, proprio nella misura in cui puntano a renderci le cose più ‘facili’. Le nuove infrastrutture di calcolo predispongono infatti le nostre scelte, pur senza determinarle. Ma in questo modo finiscono col costruire attorno a ciascuno di noi la «bolla» di una sorta di ‘conformismo personalizzato’. Perché le informazioni che ci raggiungono e le possibilità che ci vengono offerte non fanno altro che confermare le scelte che abbiamo fatto in passato. Mentre le opzioni alternative diventano invisibili al nostro sguardo. E la nostra finestra sul mondo si restringe sempre di più.
Damiano Palano
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