Pagine

martedì 31 maggio 2016

L’era della «burocratizzazione totale». Un libro di David Graeber




di Damiano Palano

Questa recensione al volume di David Graeber, Burocrazia. Perché le regole ci perseguitano e perché ci rendono felici (il Saggiatore, pp. 217, euro 21.00), è apparsa, con il titolo, Burocrazia. Malati d’ufficio, su Avvenire» il 29 aprile 2016.

Il termine «burocrazia» venne probabilmente coniato intorno alla metà del Settecento dal fisiocratico francese Vincent de Gournay. Durante un viaggio compiuto nei principati tedeschi, e in particolare in Prussia, de Gournay fu infatti colpito da quella che appariva ai suoi occhi come una nuova forma di governo, la «burocrazia», ben diversa dalle tre di cui avevano parlato i classici. In questa nuova forma il potere non spettava né al re, né ai nobili, né tantomeno al popolo, ma agli «uffici», e cioè a impiegati, segretari e ispettori, il cui controllo si estendeva ormai a tutte le sfere della vita sociale. In due secoli e mezzo la polemica contro l’invadenza della burocrazia e contro la sua stupidità non si è certo placata. Per buona parte del Novecento si ritenne d’altronde che la macchina burocratica fosse destinata a schiacciare sotto i propri ingranaggi ogni autonomia individuale. E così i romanzi di Kafka fecero dell’assurdità delle procedure burocratiche una metafora della condizione umana, mentre Max Weber profetizzò l’inevitabile vittoria della «gabbia d’acciaio». Il nuovo volume di David Graeber, Burocrazia. Perché le regole ci perseguitano e perché ci rendono felici (il Saggiatore, pp. 217, euro 21.00), torna a interrogarsi sugli effetti della tendenza che Bruno Rizzi, sul finire degli anni Trenta, definì «burocratizzazione del mondo». Naturalmente l’antropologo non punta a riabilitare l’immagine del «potere degli uffici». E d’altronde non potrebbe essere diversamente per un intellettuale che celebra il «potere costituente» dei movimenti e l’importanza della democrazia diretta. Graber ha però il merito di attirare l’attenzione su un aspetto cruciale, spesso trascurato, che riconduce a una «legge ferrea del liberalismo». 
A dispetto della retorica della ‘deregolamentazione’ e della ‘semplificazione’, che domina da trent’anni l’agenda di ogni governo, la realtà – sostiene – è andata in una direzione ben diversa. Ogni tentativo di ‘semplificare’ le procedure e di ridurre la burocrazia ha infatti paradossalmente prodotto l’effetto contrario. Anche solo per pagare bollette, acquistare biglietti ferroviari, iscriversi ad associazioni sportive, consultare la propria posizione pensionistica, ognuno di noi si trova quotidianamente alle prese con moduli sempre più lunghi e complicati, predisposti tanto da uffici pubblici quanto da strutture private. Una serie di strumenti inizialmente elaborati nei circoli finanziari e aziendali si è estesa ad altri settori. E parallelamente si è anche registrata un’esplosione del “credenzialismo”: cioè di quel meccanismo che dovrebbe sopperire all’assenza di fiducia reciproca con l’utilizzo di certificati, attestati, riconoscimenti, a loro volta emessi da enti la cui affidabilità è ‘certificata’ da agenzie più o meno indipendenti (e più o meno ‘credibili’). Come nel peggiore dei circoli viziosi, la ‘semplificazione’ delle procedure finisce così con l’aumentare il numero complessivo delle norme, la quantità delle pratiche cartacee e persino il numero dei burocrati. 
Più che uno studio sistematico, il libro di Graeber è in realtà un insieme di argute osservazioni impressionistiche. Nonostante alcune preziose intuizioni, all’antropologo sfuggono però alcuni aspetti importanti della «burocratizzazione totale» degli ultimi decenni. Perché per esempio trascura da un lato la perdita pressoché completa dell’autorevolezza dei funzionari pubblici, travolti dal populismo e dalla critica ‘antipolitica’, e dall’altro lo smarrimento di ogni traccia dell’antica concezione dell’officium. Una concezione che, nel processo di costruzione dello Stato moderno, contribuì non poco a trasformare il burocrate, da strumento del potere personale del principe, nel funzionario di un’istituzione impersonale. Ma la cui dissoluzione – a dispetto dell’apparente «burocratizzazione» – tende a far riaffiorare quelle aree di discrezionalità entro cui possono radicarsi nuove forme di potere personale.

Damiano Palano

lunedì 16 maggio 2016

Call for papers - Panel 2.2. «Crisi della democrazia»? Quale «crisi»? E quale «democrazia»? - Convegno della Società Italiana di Scienza Politica - Sezione Teoria politica





Nella sezione 2. Teoria politica, è aperta una call for papers per un panel dedicato alla «crisi della democrazia»


Panel 2.2. «Crisi della democrazia»? Quale «crisi»? E quale «democrazia»? Alla ricerca di una teoria della «de-democratizzazione»

Nell’ultimo quarto di secolo le voci che, con toni più o meno allarmati, hanno iniziato a segnalare una nuova «crisi» delle istituzioni democratiche si sono fatte piuttosto insistenti. Proprio mentre il numero complessivo dei regimi democratici cresceva in modo significativo e mentre il principio democratico sembrava avere definitivamente sbaragliato i suoi storici avversari ideologici, molti osservatori – da prospettive anche molto diverse – cominciarono a intravedere nelle trasformazioni contemporanee i segnali di uno ‘svuotamento’ delle istituzioni democratiche.
Il panel intende inserirsi in questa discussione sulla «crisi della democrazia» ponendo una domanda specifica, centrata non tanto sulla rilevazione empirica degli elementi che testimonierebbero la «crisi», quanto sulla stessa definizione teorica della «de-democratizzazione». La definizione della «crisi della democrazia» e della «de-democratizzazione» richiede infatti di essere approfondita e aggiornata, per tenere conto di elementi che la classica teoria della democrazia competitiva non considerava (o considerava solo parzialmente), come per esempio le dinamiche di ‘depoliticizzazione’, il ruolo delle «istituzioni non maggioritarie», le pressioni dei «vincoli esterni».
L’obiettivo del panel è dunque quello di sollecitare contributi che tentino di offrire un contributo (prevalentemente teorico) alla precisazione e definizione di una teoria della «crisi della democrazia». In particolare, sono sollecitati paper che si concentrino, anche problematicamente e criticamente, su questi aspetti:
  • le proposte di autori che abbiano considerato, in chiave di indagine politologica, la sfida della «de-democratizzazione»;
  • il dibattito sulla «crisi della democrazia» e i suoi aspetti critici;
  • il concetto di «postdemocrazia»;
  • il concetto di «de-democratizzazione»;
  • il concetto di «de-politicizzazione» delle istituzioni democratiche.



Dal 16  maggio all'8 giugno è possibile proporre un abstract, utilizzando la piattaforma web del convegno: http://www.sisp.it/convegno2016/ 

giovedì 12 maggio 2016

Che cosa resta del corpo? Etica e politica nel tempo del «biobusiness». A Milano, lunedì 16 maggio 2016, alle 14.30




Lunedì 16 maggio 2016 

ore 14.30-16-30

Che cosa resta del corpo? 
Etica e politica nel tempo del «biobusiness»

Presentazione del volume di 
Marco Dotti 
Bioshock. Il corpo come protesi 
Vita / Open Forum, 2016

Partecipanti 
Marco Dotti (mensile "Vita" - Università di Pavia) 
Alessio Musio (Università Cattolica del Sacro Cuore) 
Damiano Palano (Università Cattolica del Sacro Cuore)

Cripta Aula Magna
Università Cattolica
Largo Gemelli, 1
20123 Milano

domenica 8 maggio 2016

Cittadini senza politica e politica senza cittadini. Verso una democrazia immediata? Un dibattito con Valentina Pazé, Luciano Fasano, Nicola Pasini e Damiano Palano. Milano, lunedì 9 maggio 2016, ore 14.30




Lunedì 9 maggio 2016, ore 14.30-16.30

Cittadini senza politica e politica senza cittadini. 
Verso una democrazia immediata?

Presentazione del volume di Valentina Pazé 
Ega – Gruppo Abele, Torino, 2016.

Partecipano: 
Luciano Fasano (Università degli Studi di Milano) 
Damiano Palano (Università Cattolica del Sacro Cuore) Nicola Pasini (Università degli Studi di Milano) 
Valentina Pazé (Università di Torino)

Università Cattolica
AULA NI 110
VIA NIRONE 15
20123 MILANO



Valentina Pazé è Ricercatrice di Filosofia politica presso l’Università di Torino. Si è occupata, in una prospettiva teorica e storica, di comunitarismo, multiculturalismo, teorie dei diritti e della democrazia. Tra le sue pubblicazioni: Il concetto di comunità nella filosofia politica contemporanea (Laterza, 2002); Comunitarismo (Laterza, 2004); In nome del popolo. Il problema democratico (Laterza, 2011). Per Edizioni Gruppo Abele ha curato con M. Bovero Diritti e poteri (2013).