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martedì 29 marzo 2016

La “morale della saggezza” del realista Aron. Un libro di Alessandro Campi




Di Damiano Palano

Questa recensione al volume di Alessandro Campi, La politica come passione e come scienza. Saggi su Raymond Aron, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2015) è apparsa su "Avvenire" del 26 febbraio 2016, con il titolo La visione politica di Aron: «Poesia ideologica tradotta in prosa realistica». 

Non si può certo dire che il nome di Raymond Aron sia sconosciuto al pubblico italiano. Lo studioso francese è però noto nel nostro Paese più che altro come alfiere del pensiero liberale e come antagonista, in mille polemiche giornalistiche, dell’antico compagno di studi Jean-Paul Sartre. Aron fu invece anche molto altro. E soprattutto fu uno studioso originale, che – a dispetto del costante impegno giornalistico – non abbandonò mai né l’insegnamento né il lavoro di ricerca. Forse è anzi proprio la sua fluviale produzione, dedicata peraltro a temi molto eterogenei, a rendere complesso approcciarsi alla sua opera. 
Anche per questo è prezioso il volume di Alessandro Campi, La politica come passione e come scienza. Saggi su Raymond Aron (Rubbettino, pp. 200, euro 14.00), che riconduce il profilo dell’intellettuale francese nell’affollata (e tutt’altro che omogenea) famiglia del realismo politico. Come ebbe modo di dire nelle sue Memorie, Aron si assunse infatti come obiettivo quello di “riportare la poesia ideologica alla prosa realistica”. Ciò non significa comunque che Aron non sia stato per decenni uno “spettatore impegnato”, insensibile alle passioni politiche. Ma, riuscendo a coniugare spesso felicemente le due dimensioni della “passione” e della “scienza”, non perse mai la freddezza indispensabile per esplorare l’universo politico. Sulle orme dei grandi realisti del passato – da Tucicide a Weber, da Machiavelli a Pareto – tentò così di sviluppare un metodo di indagine ancora estremamente prezioso. Al tempo stesso, fu anche severo nei confronti delle varie forme di “realismo ingenuo” e di “pseudo realismo”, e cioè verso quelle visioni che approdano a un cinismo compiaciuto e alla celebrazione della politica di potenza. Nel corso della sua lunga carriera, non puntò d’altronde a isolare le “tendenze costanti” che influenzano (o ‘determinano’) la vita dei sistemi politici. Ma vide piuttosto nella politica “l’arte delle scelte senza ritorno e dei lunghi disegni”, nella convinzione che la realtà dovesse essere compresa nella sua condizione storica. E soprattutto fu tutt’altro che insensibile – come invece accade talvolta ai realisti – alla dimensione morale della politica. Tanto che, come mette bene in luce Campi, l’autentico realismo appariva agli occhi di Aron fondato sulla “morale della saggezza”. Quella morale, come scrisse in Pace e guerra tra le nazioni, che “si sforza non soltanto di prendere in considerazione tutte le particolarità concrete di un singolo caso, ma anche di non trascurare nessuno degli argomenti di principio e di opportunità, di non dimenticare né il rapporto delle forze né la volontà dei popoli”.

Damiano Palano

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