Di Ritanna Armeni
Questo testo dedicato a La democraziasenza partiti (Vita e Pensiero, euro 12.00) è apparsa sul “Messaggero di
Sant’Antonio” del dicembre 2015.
La crisi dei partiti è sotto gli occhi di tutti. Ma quasi
nessuno si chiede quali possano essere le sue conseguenze per la democrazia.
Essa nasce dall’esaurirsi del ruolo dei partiti così come lo abbiamo conosciuto
nel Novecento. Non sono più i rappresentanti di interessi collettivi, seppure ‘di
parte’, non sono più portatori di un’identità e, quindi, di importanti valori.
La loro crisi si è manifestata con la fine delle ideologie e del rapporto
sociale “di massa” che ha tanto contato nelle loro origini e nella loro esistenza.
Oggi quelli che restano sono davvero molto diversi dalle robuste macchine che
producevano idee e programmi e coinvolgevano milioni di uomini e di donne; si
sono trasformati: sono “liquidi” o di “plastica”, fondati quasi esclusivamente
sulla figura di un leader che tutto
può. Nessuna nostalgia, sia chiaro: anche le vecchie organizzazioni erano piene
di difetti, vizi e insufficienze, anche loro usavano spregiudicatamente il
potere. E comunque non hanno saputo rispondere alle nuove domande dei cittadini
e alle esigenze di una società moderna. Ma grazie a loro la democrazia ed
europea è nata e fino a un certo punto si è rafforzata. E ora?
Damiano Palano
nel suo bel libro La democrazia senza
partiti (ed. Vita e Pensiero), pone la domanda senza mezzi termini. Possibile mantenere un assetto democratico
senza quei soggetti (i partiti) che, come ha detto il filosofo Norberto Bobbio,
sono “gli organi motori dello stato democratico”?. Oppure dobbiamo pensare che
la loro fine corrisponda a quella della democrazia così come si è intesa in
Europa almeno dal dopoguerra? Non è una domanda astratta. I nuovi partiti,
quelli liquidi, mantengono una presenza forte nelle istituzioni. Questa
presenza, privata del legame ideologico e sociale, è sicuramente tra le cause
che determinano la loro trasformazione in gruppi d’interesse, corporazioni e
alleanze di potere, che provocano scandali e malcostume e possono (c’è chi dice
che il processo è già iniziato) limitare fortemente la democrazia. Per questo
sarebbe necessario costruire moderne organizzazioni democratiche che aiutino la
formazione di una volontà popolare, nuovi luoghi in cui i cittadini contino,
anche fuori dai canoni novecenteschi.
Nella lunga agonia dei vecchi partiti e nella moderna
società “liquida” nessuno si è ancora misurato con questa possibilità. I
tentativi di usare a questo fine i social
network si sono rivelati spesso astratti. Il problema è quindi tutto
aperto. “Non è impossibile, anche se solo per via ipotetica – scrive nel suo
saggio Palano – immaginare il profilo di una sorta di ‘Principe postmoderno’
che, pur aderendo per isomorfismo ad una società liquida, sia in grado di
riconquistare una cultura politica capace di incarnare la vocazione incisa
nella stessa parola ‘partito’: la vocazione di dare voce alla ‘parte’, di dare
forma alla società, di costruire identificazione in grado di durare nel tempo,
di alimentare l’immaginario democratico modificando i confini del ‘tutto’”. Non
è impossibile, è vero, ma ancora non ce n’è traccia. E nel frattempo la
democrazia s’indebolisce o si trasforma.
Ritanna Armeni
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