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domenica 15 novembre 2015

La democrazia (forse) salverà il mondo. L'ultimo libro di Luigi Bonanate



di Damiano Palano

Questa recensione al nuovo volume di Luigi Bonanate, Anarchia o democrazia. La teoria politica internazionale del XXI secolo (Carocci, pp. 134, euro 12.00), è apparsa su "Avvenire" del 13 novembre 2015.

È ormai trascorso più di un quarto di secolo dalla fine della Guerra fredda e dalla dissoluzione del blocco sovietico. Il lungo dopoguerra non ha però ancora partorito uno stabile ordine internazionale. E pare così davvero lontano l’ottimismo di quegli intellettuali che, sul finire del secolo scorso, salutarono euforicamente l’inizio dell’«era unipolare», destinata a consegnare agli Stati Uniti il ruolo di unica superpotenza globale, garante di un impero liberale fondato sui principi democratici e sulla libertà di mercato. A partire dal trauma dell’11 settembre 2001 gli scenari di crisi hanno anzi continuato a estendersi, giungendo fino alle porte dell’Europa, senza che neppure si siano profilate ipotesi realistiche di soluzioni durature. 
È proprio all’instabilità dello scenario globale che è dedicato l’ultimo libro di Luigi Bonanate, Anarchia o democrazia. La teoria politica internazionale del XXI secolo (Carocci, pp. 134, euro 12.00). La tesi che sostiene Bonanate è per molti versi radicale. Secondo lo studioso, dopo il 1989 il sistema internazionale è infatti diventato ‘anarchico’. E il punto cruciale è che questo dato costituisce una novità clamorosa, l’effetto di una dirompente «rivoluzione internazionale». Per molti politologi – e in particolare per i cultori del ‘realismo’ – l’arena internazionale è sempre stata contrassegnata da una costitutiva ‘anarchia’. In questa prospettiva, dal momento che nel contesto internazionale non esiste nessuna autorità politica superiore capace di imporre e far rispettare la legge con la forza coercitiva, gli Stati sovrani devono provvedere da soli a tutelare la propria sicurezza. E per questo si trovano a operare in un contesto molto simile allo «stato di natura» descritto da Thomas Hobbes, in cui regna il bellum omnium contra omnes e in cui ciascuno deve guardarsi dai propri simili. Secondo Bonanate, invece, il sistema interstatale moderno non è mai stato realmente ‘anarchico’, ma è sempre stato contrassegnato da un «ordine», basato soprattutto sulle regole dettate dalla potenza vincitrice di una guerra e dunque dai rapporti di forza sanciti da un conflitto generale. Con il 1989 si rompe però il legame fra «guerra» e «ordine» che ha segnato la modernità. La Guerra fredda finisce infatti col collasso di una delle due superpotenze senza che venga sparato un solo colpo. Probabilmente, osserva Bonanate, questa soluzione è anche l’esito dell’ingresso del mondo nell’era in cui diventa tecnicamente possibile l’autodistruzione nucleare. Ma la «rivoluzione internazionale» del 1989 segna così l’inizio di una nuova stagione ‘postmoderna’, in cui il sistema sembra davvero diventare anarchico, perché «nessun ordine solido, stabile e condiviso in queste nuove condizioni può esistere». 
Tutti i tasselli di questo mosaico sembrerebbero preludere a una degenerazione progressiva. Ma, benché non nasconda più di qualche motivo di pessimismo, Bonanate non rinuncia a indicare una strada alternativa, che potrebbe contribuire alla costruzione di un nuovo ordine, finalmente adeguato alla realtà di un sistema entrato nella ‘post-modernità’. E l’alternativa all’anarchia – come suggerisce il titolo del volume – non può che essere la democrazia. Una democrazia intesa però soprattutto come principio con cui ridefinire le relazioni ‘fra’ (e non solo ‘dentro’) gli Stati, con l’obiettivo di giungere a una drastica riduzione del ricorso alla violenza come strumento di risoluzione dei contrasti. E proprio per questo – se Dostoevskij scriveva che solo la bellezza avrebbe potuto salvare il mondo – Bonanate, esplicitando una «disperata speranza», scrive che «ora dovremmo dire che soltanto la democrazia potrà salvarlo». 

Damiano Palano

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