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giovedì 8 ottobre 2015

Prigionieri nella «gabbia di vetro» dell’automazione. Un libro di Nicholas Carr



di Damiano Palano

Questa recensione al volume di Nicholas Carr, La gabbia di vetro. Prigionieri dell'automazione (Cortina, pp. 294, euro 25.00), è apparsa con il titolo Automazione gabbia di vetro? su "Avvenire" del 6 ottobre 2015.

Quasi un secolo fa Max Weber mise in guardia dai rischi che presentava la marcia della burocrazia nelle società occidentali. Secondo lo studioso tedesco l’affermazione del modello burocratico era infatti il riflesso di un generale processo di razionalizzazione, che implicava la crescente specializzazione dei compiti e la standardizzazione delle procedure. Ma, avvertiva Weber, la burocrazia mostrava anche un lato oscuro. Se da un lato garantivano una grande efficienza, le regole della burocrazia potevano infatti diventare un vincolo sempre più soffocante per i singoli individui, che sembravano addirittura diventare prigionieri tra le sbarre di una «gabbia d’acciaio». In realtà il modello burocratico non si è rivelato così efficiente come Weber riteneva. A partire da almeno quarant’anni quel modello è stato infatti severamente criticato per la sua ‘rigidità’. E più o meno in ogni campo si sono sperimentate formule organizzative più ‘flessibili’ e ‘orizzontali’, che ovviamente hanno puntato sulle nuove tecnologie informatiche e sulle potenzialità offerte dall’«automazione». Gli effetti di questa complessiva riorganizzazione rimangono ancora da valutare, ma è ormai piuttosto chiaro che anche l’automazione ha più di qualche lato oscuro. E per riconoscere alcuni dei rischi più inquietanti che comporta la nostra dipendenza dai computer è davvero utile la lettura del nuovo volume di Nicholas Carr, La gabbia di vetro. Prigionieri dell’automazione (Cortina, pp. 294, euro 25.00). 
Già noto in Italia per il precedente Internet ci rende stupidi? (Cortina), Carr non si sofferma tanto sul rischio che l’introduzione di macchine provochi una crescente disoccupazione ‘strutturale’. Quelli che interessano al saggista sono piuttosto gli effetti che l’automazione produce sulle abilità degli esseri umani. E il cockpit, la cabina di pilotaggio degli aerei, offre per Carr una buona metafora delle insidie dell’automazione. Nel corso di un secolo, i supporti ai piloti sono infatti diventati sempre più complessi e automatizzati, tanto che oggi la cabina si presenta come un glass cockpit ad alta tecnologia: una ‘cabina di vetro’, rivestita di tastiere e schermi Lcd. Dal momento che i sistemi di governo del volo sono quasi completamente automatizzati, il ruolo dei piloti si riduce quasi esclusivamente al controllo degli schermi. Ma, proprio a causa della fiducia risposta nelle macchine, sembra che i piloti diventino più incerti e sempre meno capaci di reagire rapidamente agli imprevisti. I computer hanno infatti l’indiscutibile pregio di liberare gli esseri umani da attività faticose, noiose e ripetitive. Ma rischiano di modificare anche le attitudini individuali. Innanzitutto, perché siamo così sicuri che la macchina lavori bene, che ci distraiamo dal nostro lavoro (o almeno da alcuni suoi aspetti). In secondo luogo, perché tendiamo a ‘compiacere’ il computer, nel senso che diamo un peso eccessivo all’informazione proveniente dai monitor. Ma, più in generale, perché il sistematico ricorso al supporto di macchine sempre più intelligenti tende a ridurre l’impegno che dedichiamo alle nostre attività, rendendoci più pigri. E nonostante gli effetti della rivoluzione digitale sulle nostre abilità cognitive siano ancora difficilmente valutabili, è proprio per questo che secondo Carr l’ipertecnologica cabina di pilotaggio sembra tramutarsi in un’insidiosa «gabbia di vetro».

Damiano Palano

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