martedì 31 marzo 2015

Trentacinquemilaquaranta ore nel Maelstrom



Millequattrocentosessanta giorni

Trentacinquemilaquaranta ore

Duemilionicentoduemilaquattrocento minuti

Centoventiseimilionicentoquarantaquattromila secondi

Malestrom compie quattro anni!

Grazie della pazienza e Buona lettura...

lunedì 30 marzo 2015

Martin Wight e la difficile arte della previsione politica. Una recensione a "Fortuna e ironia in politica"

di Damiano Palano 

Questa recensione al libro di Martin Wight, Fortuna e ironia in politica (Rubbettino) è apparsa su "Avvenire" del 15 marzo 2015.

Una delle leggende della Prima Repubblica racconta che Giuseppe Saragat, dopo essere venuto a conoscenza del deludente risultato ottenuto dal proprio partito alle elezioni del 1953, si sia trovato a inveire contro la beffa di un «destino cinico e baro». Naturalmente è molto difficile stabilire se il futuro Presidente della Repubblica abbia mai veramente pronunciato quelle parole, o se l’episodio sia solo il frutto di una riuscita invenzione letteraria. Ciò nonostante l’espressione è entrata nel nostro lessico, e da allora il «destino cinico e baro» è diventato un po’ il simbolo dello scoglio contro cui sono destinati a scontrarsi, quasi inevitabilmente, persino i calcoli più machiavellici. Ed è in qualche modo proprio al «destino cinico e baro», capace di smentire le previsioni più sofisticate, che sono dedicate anche le riflessioni svolte dal politologo britannico Martin Wight (1913-1972) in Fortuna e ironia in politica (Rubbettino, pp. 67, euro 12.00). Finora totalmente inedito, il testo (elaborato tra il 1957 e il 1961) è stato di recente scoperto fra i manoscritti di Wight dal ricercatore e diplomatico sammarinese Michele Chiaruzzi, che ne pubblica ora un’accurata edizione critica. Sebbene Wight, perfezionista fino ai limiti dell’ossessione, avesse deciso di non pubblicarlo, il testo mostra una notevole coerenza e restituisce in pieno la ricchezza delle conoscenze dell’autore. 
Al centro dell’attenzione di Wight è soprattutto la domanda sulla possibilità di fornire una spiegazione causale dei fenomeni politici. E da questo punto di vista la posizione dello studioso britannico si colloca agli antipodi rispetto a quella che, proprio in quegli anni, viene avanzata dai politologi comportamentisti. Per Wight le vicende umane sono infatti date da un intrico di variabili, molte delle quali non sono affatto prevedibili, e per questo muove una netta critica alle differenti varianti di determinismo. Ciò non significa però che, ai suoi occhi, gli studi politici non possano scoprire alcune grandi ‘regolarità’. Ma tali regolarità consistono anche – se non esclusivamente – proprio nel ricorrente riaffiorare dell’imprevedibile, dell’incerto, del paradossale. In altre parole, come nota Chiaruzzi, “l’urgenza non è scoprire presunte leggi eternizzanti della politica”, bensì “comprendere l’ampiezza dei margini di libertà che il processo storico concede all’uomo” e “i confini della responsabilità storica dei soggetti politici”. Ed è forse per questo che le pagine di Wight non hanno perso a tanti anni distanza il loro peso. Ciò non implica naturalmente che i tentativi di prevedere gli scenari futuri della politica internazionale, anche ricorrendo a modelli matematici, siano inutili. Ma significa piuttosto che non possiamo dimenticare che la politica rimane il regno dell’incertezza. E che persino i nostri più elaborati calcoli politici rischiano sempre di essere travolti dalle bizze imprevedibili di un «destino cinico e baro».

Damiano Palano

venerdì 27 marzo 2015

"Le armate del Presidente". Un dibattito su un libro di Marco Gervasoni. Alla Casa della Cultura di Milano, il 21 aprile 2015, con Agostino Giovagnoli, Valerio Onida e Carlo Tognoli

 



Martedì 21 aprile 2015 ore 18.00
alla Casa della Cultura di Milano
Via Borgogna 3 - Milano

sarà presentato il libro  
LE ARMATE DEL PRESIDENTE
La politica del Quirinale nell’Italia repubblicana 
di Marco Gervasoni
(i nodi Marsilio)  

 

Oltre all’autore interverranno:
Agostino Giovagnoli
Valerio Onida
Damiano Palano
Carlo Tognoli

 Il dibattito sarà moderato da
Ferruccio Capelli

 
Associazione Casa della Cultura – Via Borgogna 3 – 20122 Milano (MM1 – San Babila)

 02 795567 – 02 76005383 – fax 02 76008247


 

giovedì 26 marzo 2015

Il realismo politico e la natura umana. Il 'problema terminale' nello studio delle regolarità della politica. Un saggio nel volume "Il realismo politico", curato da Alessadnro Campi e Stefano De Luca

 
 
Nel ricchissimo volume "Il realismo politico. Figure, concetti, prospettive di ricerca", curato da Alessandro Campi e Stefano De Luca (Rubbettino, pp. 980, euro 28.00), è compreso anche il saggio di Damiano Palano, Il realismo politico e la natura umana. Il 'problema terminale' nello studio delle regolarità della politica.
 



martedì 24 marzo 2015

"Partito". Un fascicolo monografico di "Filosofia politica" dedicato a un concetto (forse) inutile




Esce in questi giorni il fascicolo n. 1/2015 della rivista "Filosofia politica", che dedica la sezione "Materiali per un lessico politico europeo" alla nozione di "Partito", con contributi di Giuseppe Duso, Dino Piovan, Maurizio Merlo, Luca Cobbe, Massimiliano Gregorio e Damiano Palano.

Indice del numero 1, 2015, gennaio-aprile

Damiano Palano
Editoriale. Il partito inutile?
pp. 3-10


Giuseppe Duso
Parti o partiti? Sul partito politico nella democrazia rappresentativa
pp. 11-38 

Dino Piovan
Partiti e democrazia in Atene classica
pp. 39-52 

Maurizio Merlo
La pace in lotta. Ordine delle parti e fazionalismi nel "Defensor pacis"
pp. 53-70 

Luca Cobbe
L'ordine della divisione. Partiti e opinione in Bolingbroke, Hume e Burke
pp. 71-88

Massimiliano Gregorio
Il ruolo costituzionale del partito politico nella modernità giuridica europea
pp. 89-104

Damiano Palano
La macchina per fabbricare passioni. Il concetto di "partito" nell'era della "crisi" dei partiti
pp. 105-124 


lunedì 23 marzo 2015

Meritocrazia, l’utopia «rovesciata» della società dispotica. Il vecchio libro di Michael Young

di Damiano Palano

Questa recensione è apparsa su «Avvenire» del 13 marzo 2015.

Se si dovessero ricostruire le novità intervenute nel lessico politico del XXI secolo, sarebbe davvero difficile negare la fortuna conosciuta negli ultimi anni dal termine “meritocrazia”. Spesso neppure i suoi più entusiasti alfieri sanno però che quella parola venne coniata quasi sessant’anni fa con intenzioni tutt’altro che celebrative. Il termine venne infatti introdotto dal sociologo britannico Michael Young (1915-2002), nel suo L’avvento della meritocrazia, apparso per la prima volta nel 1958 e ora riproposto dalle Edizioni di Comunità (pp. 231, euro 15.00). Nonostante Young fosse uno scienziato sociale, The Rise of the Meritocracy era in realtà un esempio di ‘fanta-sociologia’. Si trattava infatti di un fittizio saggio storico in cui un immaginario studioso del futuro, fermamente convinto della superiorità della società meritocratica, ne ripercorreva le origini e gli sviluppi. In qualche misura Young percorreva così un sentiero simile a quello tracciato da romanzi come Il mondo nuovo di Aldous Huxley o come 1984 di George Orwell. Anche la società meritocratica che descriveva era infatti un regime opprimente, ma a connotare quel peculiare dispotismo era la trasformazione del “merito” nella base dell’ordine sociale. Ciò comportava che la popolazione fosse suddivisa fin dalla più giovane età in base al valore del Quoziente Intellettivo e indirizzata verso percorsi educativi e lavorativi differenziati. 
Intervenendo nel 2001 sulle pagine del «Guardian», il sociologo notò come gli intenti che lo avevano indotto a coniare il neologismo fossero stati del tutto distorti. Se Young negli anni Cinquanta aveva scritto il suo saggio in polemica contro l’acritica celebrazione delle tecniche che misuravano il Q.I., in meno di mezzo secolo l’appello alla «meritocrazia» era invece diventato il pilastro di un’ideologia antiegualitaria. Negli ultimi decenni le polemiche sulla quantificazione del «merito» non si sono comunque esaurite. Molte voci hanno per esempo messo in dubbio che possano esistere strumenti davvero ‘oggettivi’ di misurazione. Altri critici hanno invece sottolineato come ogni criterio ‘meritocratico’ tenda a considerare solo il singolo individuo, trascurando così tutte quelle attività – per esempio nell’ambito della produzione di beni immateriali o della stessa ricerca scientifica – che sono il prodotto della cooperazione di molte persone. Ma forse il problema principale di ogni sistema meritocratico è di ordine morale (oltre che evidentemente politico). Il “merito” che si punta a misurare è infatti sempre valutato in relazione agli obiettivi di un’organizzazione. Che lo scopo sia la competitività nazionale, la produttività di un’azienda, l’efficienza di un servizio, i criteri meritocratici – anche nel caso (tutt’altro che scontato) che possano davvero funzionare – sono finalizzati a utilizzare le capacità dei singoli a vantaggio di un sistema. Il punto è però che gli obiettivi da perseguire – in vista dei quali il “merito” viene misurato – sono dei presupposti spesso sottratti al controllo di chi viene valutato. In altre parole, se i criteri meritocratici ‘misurano’ (in teoria) quanto il singolo contribuisce agli obiettivi dell’organizzazione, questi obiettivi sono stabiliti ‘dall’alto’, o addirittura dall’esterno. Col risultato che noi possiamo immaginare una piena attuazione dei criteri meritocratici persino in una società totalitaria, in cui il “merito” del singolo consiste nella capacità del singolo di perseguire gli obiettivi criminali di un regime dispotico. Ed è in fondo proprio per questo che, quasi inevitabilmente, il “merito” evocato dai sostenitori della meritocrazia rischia di diventare un obiettivo fine a se stesso. Un obiettivo del tutto indifferente al ‘senso’ delle nostre azioni.

domenica 22 marzo 2015

Mal di nazione. Un dibattito con Alberto Martinelli, Nicola Pasini e Vittorio Parsi - Milano, 24 marzo 2015, ore 16.30


Martedì, 24 marzo  2015, ore 16.30, presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI), Via San Vittore 18, Milano, si svolgerà un dibattito sull’ultimo volume di Alberto Martinelli (Egea)

Oltre all’autore, alla discussione interverranno:

Vittorio Emanuele Parsi, Direttore ASERI

Damiano Palano, Università Cattolica del Sacro Cuore

Nicola Pasini, Università  degli Studi di Milano

La partecipazione è libera. RSVP: info.aseri@unicatt.it


Qui puoi leggere una recensione al volume di Martinelli:



martedì 17 marzo 2015

Crimine e follia nel secolo di Cesare Lombroso - Giovedì 19 marzo 2015 (ore 17.30) all'Università di Teramo



Giovedì 19 marzo 2015, alle ore 17.30
presso l'Università degli Studi di Teramo 
si svolgerà un seminario dal titolo

Crimine e follia 
nel secolo di Cesare Lombroso

si terrà giovedì 19 marzo alle ore 17.30 dell’Università di Teramo.

L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto culturale “Voci dal manicomio” promosso e sostenuto dalla Fondazione Università degli Studi di Teramo e incentrato sul recupero, la valorizzazione e la divulgazione delle memorie del manicomio Sant’Antonio Abate di Teramo. 

Il seminario sarà un’occasione per discutere sui libri di Annacarla Valeriano, Ammalò di testa. Storie dal manicomio di Teramo (1880-1931), Donzelli; di Damiano Palano, Cesare Lombroso. Scritti per il “Corriere” 1884-1908, Fondazione Corriere della Sera e di Paolo Marchetti, L’inconscio in tribunale. Azioni incoscienti e diritto penale. Da Charcot alle neuroscienze, Franco Angeli.
Insieme agli autori dei libri parteciperanno Michele Pifferi storico del diritto dell’Università di Ferrara e Francesco Saverio Moschetta, medico psichiatra direttore del manicomio di Teramo.

Alla discussione parteciperanno:

Paolo Marchetti
Saverio Moschetta
Annacarla Valeriano
Michele Pifferi
Damiano Palano



martedì 10 marzo 2015