Nella sezione Teoria politica del Convegno Sisp 2014 che si terrà a Perugia è previsto anche un panel dal titolo:
Una «nuova scienza politica»? L’eredità della critica al comportamentismo e i compiti della teoria politica contemporanea
PRIMA PARTE
VENERDI’ 12 SETTEMBRE 2014
ORE 10.30-13.00
AULA 4 EDIF. SCIENZE POL. ED EC.
Discussant:
Francesco Battegazzorre (Università di Pavia)
Concetti, valori e pratica tra filosofia, teoria e scienza politica. Le lezioni di Carl Joachim Friedrich e Giovanni Sartori
Sofia Ventura (Università di Bologna)
Concetti politici,
valori, definizioni
Pamela
Pansardi (Università degli Studi di Pavia)
Foucault e la
“nuova” scienza politica
Stefano
Procacci (Università Cattolica del Sacro Cuore)
La democrazia dei pochi. L’eredità
dell’anti-elitismo e le sfide alla teoria democratica
Damiano Palano (Università Cattolica del
Sacro Cuore)
SECONDA PARTE
VENERDI’ 12 SETTEMBRE 2014
ORE 14.30-16.15
AULA 4 EDIF. SCIENZE POL. ED EC.
International Politics is Too Important to Be Left to Political
Scientists: A Critique of the Theory-Policy Nexus
Lorenzo Zambernardi (Università di
Bologna)
Il realismo e la “nuova scienza politica”? La prospettiva
di Reinhold Niebuhr e Hans J. Morgenthau
Luca G. Castellin (Università Cattolica del Sacro Cuore)
L’incoerenza della politica: nodi teorici, dilemmi
pratici e categorie di comprensione
Michele Chiaruzzi (Università di
Bologna)Chair: Damiano Palano
Quasi cinquant’anni fa la scienza politica americana fu attraversata da una profonda lacerazione. Un eterogeneo gruppo di politologi iniziò infatti a indirizzare una fitta serie di critiche alla configurazione che nel trentennio precedente aveva assunto la disciplina. Nel clima del momento, la polemica dei contestatori, che inalberavano la bandiera di una “New Political Science”, assunse una connotazione fortemente politica, perché, per esempio, l’American Political Science Association veniva accusata di non aver assunto una posizione sulla guerra del Vietnam. Ma la critica coinvolse anche alcuni dei principi di base su cui la scienza politica statunitense si era ridefinita come ‘scienza’ dopo la Seconda Guerra Mondiale.
La “rivoluzione comportamentista” aveva comportato infatti una cesura netta con la ‘vecchia’ tradizione continentale degli studi politici e, al tempo stesso, aveva sposato entusiasticamente l’idea che la ‘scienza’ dei fenomeni politici dovesse costruire concetti liberi da ogni ‘infiltrazione’ filosofica, capaci di orientare una ricerca prevalentemente empirica. Proprio contro la scienza politica ‘comportamentista’, il Caucus for a New Political Science richiedeva invece che la disciplina rendesse “lo studio della politica rilevante per la lotta per un mondo migliore”.
E, benché una simile espressione tradisse palesemente la tensione politica di molti dei giovani contestatori, ai membri del Caucus si affiancarono anche intellettuali molto lontani dalla seduzioni della contestazione, come soprattutto Hans J. Morgenthau e Leo Strauss, che probabilmente riconobbero nella protesta alcune delle obiezioni che avevano indirizzato già alcuni decenni prima alla fiducia riposta nei principi del neo-positivismo e alla netta divaricazione tra scienza politica e filosofia politica.
La protesta del Caucus ebbe una vita piuttosto breve e dopo alcuni anni la critica venne riassorbita all’interno dell’alveo di una disciplina che attenuò, almeno in parte, la propria adesione ai principi del vecchio comportamentismo. Ma, al netto delle connotazioni più esplicitamente ideologiche, legate al clima politico della fine degli anni Sessanta, alcuni dei motivi di quella polemica rimangono probabilmente ancora attuali e meritano di essere nuovamente esaminati e discussi, se non altro perché si tratta di dimensioni problematiche quasi del tutto rimosse dal dibattito politologico.
Nessun commento:
Posta un commento