di Damiano Palano
Questa recensione al volume di Cesare Silla, Marketing e desiderio. Una genealogia del capitalismo di consumo (Carocci, pp. 207, euro 21.00), è apparsa in una forma leggermente diversa su "Avvenire" del 6 giugno 2014.
Sul finire del XIX secolo i padri della sociologia scoprivano improvvisamente nelle folle che assiepavano i viali delle metropoli occidentali i tratti di una nuova condizione emotiva. In quegli stessi anni la folla soggiogata dallo spettacolo dalle merci e dalle vetrine sfavillanti dei negozi alla moda diventava però l’oggetto di studio anche di una nuova ‘scienza’, che più tardi avrebbe assunto il nome di “marketing”. Proprio alla ricostruzione delle origini di questa disciplina è dedicato l’originale volume di Cesare Silla, Marketing e desiderio. Una genealogia del capitalismo di consumo (Carocci, pp. 207, euro 21.00). Alla base della ricerca sta una convinzione che attinge esplicitamente a Max Weber. Seguendo le orme del sociologo tedesco, Silla ritiene infatti che le trasformazioni economiche richiedano sempre modificazioni ‘culturali’. Così, anche la nascita del “capitalismo di consumo”, protagonista di buona parte del XX secolo, presuppone la formazione del “consumatore”: un tipo umano che instaura con le merci (e con il desiderio di consumo) un rapporto del tutto nuovo rispetto al passato. Con l’obiettivo di ricostruire la genealogia delle tecnologie che ‘fabbricano’ il consumatore, Silla si sposta ovviamente negli Stati Uniti, dove verso la fine dell’Ottocento inizia a svilupparsi una ‘scienza’ rivolta a organizzare in modo sistematico ogni singola tappa del processo di commercializzazione dei prodotti. Già nei decenni a cavallo tra i due secoli al di là dell’Oceano si punta infatti a rendere lo shopping un’esperienza emotiva. E si elaborano così le tecniche di allestimento delle vetrine e di disposizione delle merci nei grandi magazzini, si sfruttano le potenzialità persuasive delle immagini pubblicitarie e si costruiscono i “marchi” che rendono riconoscibili i prodotti.
Ma, soprattutto, è già in questa fase che si sviluppano strategie – più o meno rudimentali – volte a far diventare la merce il simbolo di uno stile di vita e, dunque, uno strumento di identità per un individuo sempre più privo di stabili legami. Proprio grazie a questo carattere, il marketing può essere considerato da Silla come il canale attraverso cui si forma un nuovo tipo d’uomo. Per un verso, si tratta infatti di tecniche che devono ‘ascoltare’ il consumatore, intercettandone i desideri. Per l’altro, sono strategie che puntano a ‘educare’ al consumo, a stimolare i bisogni, a coltivare l’emergere di nuove necessità, a richiedere una progressiva ‘personalizzazione’ del prodotto, in cui l’individuo possa trovare una conferma alla propria identità. La potenziale capacità di consumo tende così a diventare sconfinata. Ma, soprattutto, il capitalismo del XX secolo può trovare le proprie basi più solide in un nuovo tipo umano: il “consumatore” vorace e volubile destinato a diventare il protagonista (quasi) incontrastato delle nostre società.
Damiano Palano
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