Sono da alcuni giorni on-line i panel del XXVIII Convegno della Società Italiana di Scienza Politica (11-13 settembre 2014). Nella sezione Teoria politica, è previsto anche un panel dal titolo: Una “nuova scienza politica”? L’eredità della critica al comportamentismo e i compiti della teoria politica contemporanea
Chair: Damiano Palano
Scadenza proposte: le proposte di paper (corredate da nome, cognome, affiliazione e indirizzo mail del proponente, oltre che dal titolo e da un breve abstract di max 3000 caratteri) vanno inviate entro il 15 maggio 2014 a:
damiano.palano@unicatt.it
Call for paper
Quasi cinquant’anni fa la scienza politica americana fu attraversata da una profonda lacerazione. Un eterogeneo gruppo di politologi iniziò infatti a indirizzare una fitta serie di critiche alla configurazione che nel trentennio precedente aveva assunto la disciplina. Nel clima del momento, la polemica dei contestatori, che inalberavano la bandiera di una “New Political Science”, assunse una connotazione fortemente politica, perché, per esempio, l’American Political Science Association veniva accusata di non aver assunto una posizione sulla guerra del Vietnam. Ma la critica coinvolse anche alcuni dei principi di base su cui la scienza politica statunitense si era ridefinita come ‘scienza’ dopo la Seconda Guerra Mondiale.
La “rivoluzione comportamentista” aveva comportato infatti una cesura netta con la ‘vecchia’ tradizione continentale degli studi politici e, al tempo stesso, aveva sposato entusiasticamente l’idea che la ‘scienza’ dei fenomeni politici dovesse costruire concetti liberi da ogni ‘infiltrazione’ filosofica, capaci di orientare una ricerca prevalentemente empirica. Proprio contro la scienza politica ‘comportamentista’, il Caucus for a New Political Science richiedeva invece che la disciplina rendesse “lo studio della politica rilevante per la lotta per un mondo migliore”.
E, benché una simile espressione tradisse palesemente la tensione politica di molti dei giovani contestatori, ai membri del Caucus si affiancarono anche intellettuali molto lontani dalla seduzioni della contestazione, come soprattutto Hans J. Morgenthau e Leo Strauss, che probabilmente riconobbero nella protesta alcune delle obiezioni che avevano indirizzato già alcuni decenni prima alla fiducia riposta nei principi del neo-positivismo e alla netta divaricazione tra scienza politica e filosofia politica.
La protesta del Caucus ebbe una vita piuttosto breve e dopo alcuni anni la critica venne riassorbita all’interno dell’alveo di una disciplina che attenuò, almeno in parte, la propria adesione ai principi del vecchio comportamentismo. Ma, al netto delle connotazioni più esplicitamente ideologiche, legate al clima politico della fine degli anni Sessanta, alcuni dei motivi di quella polemica rimangono probabilmente ancora attuali e meritano di essere nuovamente esaminati e discussi, se non altro perché si tratta di dimensioni problematiche quasi del tutto rimosse dal dibattito politologico.
Proprio nella convinzione che si tratti di questioni ancora vitali, questo panel intende invitare alla riflessione sull’eredità che la ‘vecchia’ protesta anti-comportamentista (e anti-positivista) lascia alla teoria politica contemporanea. In particolare, sono sollecitati paper che, assumendo questa prospettiva, si concentrino su:
- i rapporti tra filosofia politica e scienza politica;
- il contributo della ‘vecchia’ tradizione degli studi politici alla teoria politica contemporanea;
- il significato attuale (e i limiti) della critica al comportamentismo politologico;
- le radici intellettuali della critica al comportamentismo politologico degli anni Sessanta;
- l’‘avalutatività’ della ricerca scientifica e il rapporto tra etica e scienza politica;
- il rapporto tra ‘fatti’ e ‘valori’ (tra descrizione e prescrizione) nella teoria democratica contemporanea;
- il rapporto tra teoria politica e azione politica.