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lunedì 16 dicembre 2013

Il senso perduto dell’economia. "Il nuovo governo del mondo" di Georges Corm


di Damiano Palano

Questa recensione di Georges Corm, Il nuovo governo del mondo. Ideologie, strutture, contropoteri (Vita e Pensiero, pp. 271, euro 22.00) è apparsa su "Agorà-sette", il nuovo inserto letterario di "Avvenire", venerdì 12 dicembre 2013.

Proprio vent’anni fa Georges Corm dava alle stampe Il nuovo disordine economico mondiale. In quel testo, per molti versi profetico, lo studioso libanese prevedeva che il sistema economico avrebbe assunto forme selvagge e regressive, destinate a innescare crisi sempre più gravi. Ma, soprattutto, denunciava la “perdita di senso” della scienza economica, la quale, perseguendo l’obiettivo delle formalizzazione matematica, aveva smarrito la propria capacità di comprendere il mondo e la sua complessità. Nel suo Il nuovo governo del mondo. Ideologie, strutture, contropoteri, pubblicato in questi giorni da Vita e Pensiero (pp. 271, euro. 22.00), Corm riprende tutti i motivi di quella polemica, che è peraltro diventata oggi ancora più radicale. Negli ultimi vent’anni l’autore ha d’altronde avuto modo di trovare nuove conferme alle ipotesi iniziali anche grazie alla conoscenza diretta del funzionamento delle istituzioni internazionali. Perché, oltre a dedicarsi all’attività accademica, Corm ha ricoperto importanti incarichi istituzionali e di consulenza che gli hanno consentito di esaminare da vicino come operano le organizzazioni internazionali, e in particolare quelle che si occupano di cooperazione e sviluppo. 
Il libro si concentra soprattutto sulle tappe che – a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, e poi sempre più rapidamente dopo gli anni Sessanta – hanno condotto alla formazione del “potere mondializzato”. Con quest’ultima espressione Corm non intende comunque un vero e proprio governo sovranazionale. Il “potere mondializzato” ha infatti una struttura al tempo stesso piramidale e orizzontale, ed è costituito da una rete transnazionale e transettoriale di attori, pubblici e privati, che riesce a indirizzare (e vincolare) le scelte degli Stati. Questo potere poggia su una enorme burocrazia, composta dai leader e dai funzionari degli Stati, dei partiti politici e delle Nazioni Unite, ma anche dai dirigenti delle multinazionali, dai ricercatori dei think tanks, dalla stampa internazionale, dai dirigenti delle grandi Ong. Ciò che unisce davvero la rete del “potere mondializzato” non è però tanto un interesse condiviso, quanto il linguaggio comune della scienza economica. Un linguaggio che – come i codici di tutte le burocrazie – tende a essere autoreferenziale. E così a trasformare i principi della dottrina neo-liberista in dogmi indiscutibili.
Nel suo testo, oltre a segnalare gli effetti perversi prodotti dal “potere mondializzato”, Corm non manca di individuare alcune tracce di possibile cambiamento. A suo avviso una prospettiva credibile di ‘de-mondializzazione’ può passare soprattutto da una ‘regionalizzazione’ della politica mondiale, e dunque dalla creazione di grandi blocchi regionali organizzati in forma federale. Ma, dato che il cuore del “potere mondializzato” sta nel dogmatismo economico e nella condivisione acritica della dottrina neo-liberista, il problema principale è soprattutto di ordine intellettuale. In altre parole, l’economia politica dovrebbe tornare alla sua funzione primaria e non dovrebbe sentirsi dispensata dalla necessità di adottare criteri di moralità e giustizia. Non è così affatto casuale che, polemizzando con la retorica dello ‘scontro di civiltà’, Corm ritrovi nell’apporto delle grandi religioni un possibile antidoto contro le derive più selvagge della ‘mondializzazione’. E, soprattutto, non è sorprendente che lo studioso libanese riconosca anche nella Dottrina sociale della Chiesa – e in particolare nella Caritas in veritate di Benedetto XVI – l’indicazione della strada che l’economia dovrebbe imboccare, per tornare a essere davvero una “scienza morale”.

Damiano Palano

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