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lunedì 29 luglio 2013

La “doppia preferenza” funziona? Un bilancio provvisorio dopo le elezioni amministrative di maggio (un commento da "Cronache e Opinioni")


di Damiano Palano


 
Questo commento alle elezioni amministrative del 26-27 maggio è apparso sul mensile "Cronache e Opinioni" (6/2013)
 
Al di là della marcata diminuzione dei votanti, l’aspetto più interessante delle elezioni amministrative del 26-27 maggio è consistito probabilmente nella prima prova della cosiddetta “doppia preferenza di genere”, introdotta dalla legge 23 novembre 2012, n. 215. L’obiettivo della legge, che modifica la normativa sull’elezione dei consigli comunali, consiste nel riequilibrare la rappresentanza di genere nelle amministrazioni locali. Più specificamente, per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti, la legge prevede che nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi (anche se solo nei comuni con più di 15.000 abitanti il mancato rispetto di questa quota può determinare la decadenza della lista). Inoltre, la nuova norma consente all’elettore di esprimere non più solo una, ma due preferenze: queste due preferenze devono però riguardare candidati di sesso diverso (in caso contrario, la seconda preferenza viene annullata).

La discussione della legge è stata accompagnata da qualche polemica, anche perché alcuni osservatori hanno paventato il rischio che la doppia preferenza possa essere piegata a finalità improprie (tra cui soprattutto il controllo clientelare del  voto). Al di là di tali perplessità, è ora possibile valutare quali effetti ha avuto la nuova legge sulla composizione dei consigli, quantomeno nei sedici comuni capoluogo coinvolti dalla consultazione amministrativa. Da questo punto di vista, i risultati sembrano piuttosto positivi, e appare così sostanzialmente confermata la tendenza già registrata nelle elezioni regionali campane del 2010. La Regione Campania ha in effetti già adottato da alcuni anni una normativa molto simile a quella poi entrata in vigore a livello nazionale, con esiti rilevanti: in seguito all’introduzione della nuova legge, nel 2010 il numero delle donne elette nel Consiglio regionale risultò infatti pari a 14, mentre nel 2005 era stato solo di 2 (altre 5 donne erano state però elette nel cosiddetto ‘listino’ del presidente). Inoltre, secondo una stima realizzata dall’Istituto Cattaneo, in quell’occasione circa un elettore su sei optò per la “doppia preferenza”. E proprio tali tendenze sembrano essere confermate dal risultato delle amministrative di maggio.

È piuttosto complesso valutare quanti elettori abbiano effettivamente scelto di utilizzare lo strumento della “doppia preferenza”. Ciò nondimeno, è agevole riconoscere che nei sedici comuni capoluogo coinvolti dalle ultime elezioni il numero di donne elette è sensibilmente cresciuto, in termini assoluti e relativi. Secondo un rapporto realizzato dal Centro Italiano di Studi Elettorali, la quota di consiglieri donna è passato infatti dall’11,2% delle precedenti amministrative al 27,9% del 2013. E tale incremento accomuna peraltro tutte le aree del paese, sebbene appaia leggermente più consistente nei comuni del Nord (30,2%), che in quelli del Centro-Sud (28,8%) e della cosiddetta ‘zona rossa’ (26,6%). Dal punto di vista della collocazione politica, l’aumento della quota di rappresentanti donne coinvolge inoltre tutte le forze politiche, anche se in modo non omogeneo. La presenza femminile appare particolarmente elevata fra gli eletti del Movimento 5 Stelle, arrivando al 38,5% del totale (10 su 16 consiglieri eletti), e all’interno del centro-sinistra, dove raggiunge il 30,4% (pari a 322 consigliere). Nonostante la performance negativa abbia determinato il dimezzamento dei consiglieri del centro-destra, le donne sono comunque notevolmente aumentate in termini relativi anche in quest’area (passando dall’8,8% al 22,5%).

In sede di bilancio, è opportuno evitare conclusioni affrettate sugli effetti della “doppia preferenza”. I dati a disposizione sono ancora piuttosto limitati, e sarebbe inoltre improprio generalizzare la portata di risultati che rimangono sempre influenzati dal contesto locale. Inoltre, è bene tenere presente che non è possibile distinguere chiaramente gli effetti prodotti dalla “doppia preferenza” da quelli innescati dalla norma che stabilisce che uno dei sessi non possa essere rappresentato per più di due terzi in ciascuna lista. A dispetto di tutti questi motivi di cautela, è però possibile affermare che il combinato disposto delle misure previste dalla legge 215/2012 ha avuto un impatto significativo, quantomeno perché ha indotto i partiti a modificare la loro offerta politica. Se il bilancio sull’efficacia della “doppia preferenza” rimane dunque ancora provvisorio, il quadro delle amministrative 2013 non può però che risultare ancora in chiaroscuro per quanto concerne il riequilibrio della rappresentanza. Nonostante la percentuale di donne nei consigli comunali sia aumentata, è infatti difficile non segnalare come Valeria Mancinelli, eletta ad Ancona nella coalizione di centro-sinistra, sia l’unica donna fra i sedici nuovi sindaci dei comuni capoluogo. E tale sproporzione risulterebbe probabilmente confermata anche se si andasse a considerare la proporzione di donne fra i candidati alla poltrona di sindaco proposti dalle diverse liste. In altre parole, ciò significa che la discriminazione di genere continua a essere estremamente radicata nella classe politica italiana, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di selezione della leadership. Certo non si tratta di vincoli che possano essere scardinati solo con interventi legislativi. Ma anche dalla loro rimozione dipendono le sorti del rinnovamento dei partiti e la qualità della nostra vita politica. 

Damiano Palano

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