Per molti versi, i partiti nascono «quando nelle sedi parlamentari i rappresentanti del popolo si schierano su banchi opposti». Ma ciò non significa che i partiti sorgano (o che, quantomeno, sorgano esclusivamente) all’interno delle assemblee rappresentative. Significa piuttosto che l’idea di partito (in quanto parte effettivamente politica, e non come articolazione "naturale" di un ordine originario) prende forma nel momento in cui si percepisce che in gioco, e in conflitto fra loro, non sono gli organi di un corpo politico, o i ceti in cui si articola una rigida gerarchia funzionale, ma delle parti che si collocano su un terreno del tutto contingente, su una superficie di confronto e di scontro "orizzontale" (che peraltro diventa plasticamente visibile proprio all’interno delle assemblee elettive). E, dunque, le parti iniziano a mostrarsi come parti politiche proprio nel momento in cui l’ordine della gerarchia naturale è posto in discussione, e in cui lo spazio politico comincia a essere segnato dalla contingenza del conflitto e dei rapporti di forza. Non è allora probabilmente casuale che la riflessione sui partiti abbia preso forma, seppur in modo stentato, fra il tardo Medioevo e la prima età moderna, proprio in contesti segnati dall’indebolimento delle gerarchie sociali tradizionali e dall’emergere di una tendenza all’eguaglianza politica.
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