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lunedì 29 aprile 2013

La nuova febbre dell’oro. Un libro di Matthew Bishop e Michael Green sul passato e il futuro della moneta



di Damiano Palano

Questa recensione del volume di Matthew Bishop e Michael Green, Caccia all’oro. Vecchie e nuove monete per il futuro (Egea, pp. 139, euro 16.00), è apparsa su "Avvenire" di sabato 14 aprile 2013.

La moltiplicazione delle insegne con la scritta “Compro oro”, spuntate come funghi per le strade delle nostre città, è senza dubbio un indizio efficace della crisi che stiamo vivendo. Non solo perché rende palese il disagio in cui è precipitata una parte del ceto medio. Ma anche perché segnala come l’interesse per l’oro sia cresciuto vertiginosamente. Tanto che, alla fine del 2012, il prezzo del minerale era circa sei volte quello registrato all’inizio del 2001. Nel loro Caccia all’oro. Vecchie e nuove monete per il futuro (Egea, pp. 139, euro 16.00), Matthew Bishop e Michael Green cercano di dare una spiegazione al fenomeno. A loro avviso, non si tratta soltanto di un riflesso culturale, o di un comportamento irrazionale. L’oro, per i due osservatori, è infatti un tipo particolare di moneta. E il fatto che molti investitori lo considerino un’opzione credibile è una spia della crisi economica che sta travolgendo l’economia globale. Dal 1971, e cioè da quando Richard Nixon sospese la convertibilità fra dollaro e oro, il sistema monetario globale si basa infatti su una “moneta fiduciaria”, la cosiddetta fiat money: una moneta la cui validità è garantita unicamente dallo Stato. Ma, ovviamente, la crisi finanziaria iniziata del 2008 ha minato proprio la credibilità degli Stati. I timori di un default del debito sovrano non hanno coinvolto solo alcuni paesi dell’Eurozona, ma anche gli Stati Uniti, con conseguenze ancora più rilevanti. Il dollaro americano è infatti la valuta in cui si svolgono la maggior parte delle transazioni commerciali. Inoltre, le riserve ufficiali delle principali banche centrali sono costituite ancora in misura consistente da dollari. E questo significa che un eventuale default degli Stati Uniti avrebbe effetti semplicemente disastrosi per l’intera economia globale. Naturalmente, la probabilità di un vero e proprio default (cioè la denuncia del debito) da parte di Washington rimane piuttosto remota. Ma, in teoria, gli Usa potrebbero imboccare la strada di un ‘soft default’, inondando il mercato di nuovi dollari e innescando così una spirale inflazionistica difficilmente controllabile. Sebbene si tratti di scenari ancora lontani, gli investitori che puntano sull’oro li ritengono piuttosto plausibili, o comunque credibili. E questa situazione di incertezza indirizza verso una moneta alternativa come l’oro, sottratta ai rischi che vivono le monete fiduciarie. 
Secondo Bishop e Green, l’interesse per quella che John Maynard Keynes definiva la “barbara reliquia” non prefigura però il ritorno a un sistema monetario centrato sull’oro. Un nuovo gold standard certo renderebbe più stabile la moneta, ma avrebbe ripercussioni molto negative sul mercato mondiale, sulla crescita economica e sull’occupazione. La soluzione sta piuttosto nel ripensamento delle basi del sistema monetario internazionale. Oltre che, come sostengono i due analisti, nell’invenzione di un nuovo tipo di moneta, probabilmente simile alle monete digitali già oggi utilizzate sul web. Una nuova moneta che in teoria potrebbe essere più efficiente e più solida dell’odierna fiat money. Ma che appare ancora lontana dal rappresentare oggi una credibile alternativa. Ed è probabilmente anche per questo che il metallo giallo non perderà tanto presto il suo fascino.

Damiano Palano

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