di Damiano Palano
Questa recensione è apparsa su "Avvenire" il 27 ottobre 2012.
Delle vecchie utopie cyberpunk oggi è ormai rimasto in piedi ben poco, ma la speranza che dalla rete possa nascere una nuova democrazia elettronica non cessa di esercitare il proprio fascino. La porta che conduce all’agorà virtuale sembra comunque sempre piuttosto stretta. Nel suo recente La politica online (Il Mulino, pp. 278, euro 25.00), Cristian Vaccari, studiando sette democrazie occidentali (fra cui l’Italia), cerca di capire come l’utilizzo dei media digitali abbia cambiato il rapporto fra partiti e cittadini. E i risultati cui giunge non possono che offuscare le convinzioni più ottimistiche.
Innanzitutto,
Vaccari attira l’attenzione sullo stretto rapporto che unisce la politica
‘online’ e la politica ‘offline’. In altre parole, ciò che accade nella rete
non è affatto indipendente da quanto avviene nella realtà territoriale. Le
organizzazioni maggiormente inclusive verso i loro iscritti e simpatizzanti
tendono per esempio ad avere una presenza sul web più coinvolgente e più
raffinata. E coloro che utilizzano la rete per informarsi su temi politici sono
spesso persone che attingono anche ai media tradizionali. Da questo punto di
vista, emerge allora un meccanismo di selezione dei partecipanti. Internet
tende infatti a coinvolgere solo quegli individui che, in larga parte, sono già
interessati alla politica, disponibili a informarsi, oltre che (talvolta) a
mobilitarsi. Ma un ulteriore fattore di selezione opera anche sul lato
dell’offerta di comunicazione. Se internet tende infatti a diventare sempre più
importante come canale di informazione per i cittadini, contemporaneamente
crescono anche le competenze e le risorse economiche necessarie per gestire in
modo efficace e non episodico i nuovi strumenti. Così, sono avvantaggiate le
formazioni più organizzate e dotate di mezzi. E la porta che conduce all’agorà
virtuale finisce per restringersi ulteriormente.
Soprattutto in questa fase, ogni previsione sulle
tendenze future non può che essere rischiosa. Come sottolinea Vaccari, non
mancano infatti differenze significative fra le singole realtà nazionali, ed è
semplicistico ritenere che il modello americano debba diffondersi senza
variazioni anche agli altri paesi occidentali. Ciò nonostante, è molto probabile
che nei prossimi anni diventerà sempre più importante la capacità della
comunicazione politica online di superare il filtro del ‘disinteresse’. Quando
si ridurrà la ‘diseguaglianza digitale’, legata alle possibilità di accedere a
internet, diventerà infatti sempre più rilevante la diseguaglianza nella
motivazione: la diseguaglianza dovuta cioè alla motivazione dei singoli
cittadini a rivolgersi verso determinate fonti. Si può ipotizzare che questo
meccanismo andrà a rafforzare proprio gli attori dotati di maggiori risorse, o,
quantomeno, più abili nell’intercettare l’attenzione dei ‘distratti’ e nel
mobilitare gli elettori ‘impegnati’. E non è detto che questo debba far pesare
di meno gli ‘apparati’.
In questi anni
abbiamo d'altronde scoperto anche nel web sistemi raffinati (e persino subdoli)
di strutturazione ‘verticale’ del sapere, di cui google rappresenta l’esempio più nitido. Domani scopriremo
probabilmente meccanismi simili anche nella politica online. E dovremo forse
scrivere un nuovo capitolo della Sociologia
del partito politico di Roberto Michels. Riconoscendo che, anche nell’era
di internet, un’organizzazione efficiente è lo strumento indispensabile per
ottenere un seguito di massa. E, soprattutto, che non cessa di operare la
vecchia ‘legge ferrea dell’oligarchia’. Quella ‘legge’ secondo cui – come
scriveva il sociologo tedesco un secolo fa – ‘chi dice organizzazione dice
tendenza all’oligarchia’.
Damiano Palano
C. Vaccari, La politica online.
Internet, partiti e cittadini nelle democrazie occidentali, Il Mulino, pp.
278, euro 25.00.
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