lunedì 12 marzo 2012

Democrazia agli scienziati? Grazie, preferisco di no. Una recensione (critica) al pamphlet di Guido Corbellini "Scienza, quindi democrazia"

di Damiano Palano


(Questa recensione del volume di Guido Corbellini, Scienza, quindi democrazia, Einaudi, è apparsa, in una versione parzialmente diversa, su "Avvenire" del 10 marzo 2012).

Da più di mezzo secolo un importante filone della ricerca politologica si concentra sulle condizioni economiche, sociali e culturali che possono agevolare il successo dei processi di democratizzazione. Intervenendo in questa discussione, Gilberto Corbellini, storico della medicina alla Sapienza, propone di inserire anche la scienza tra i fattori che hanno storicamente favorito la democrazia. Il suo Scienza, quindi democrazia (Einaudi, pp. 165, euro 10.00) non è però un saggio politologico. Si tratta piuttosto di un pamphlet scritto con più di un occhio polemico rivolto allo scenario italiano. Più propriamente, si potrebbe dire, il libro di Corbellini trasuda livore quasi da ogni pagina. Un livore diretto contro le principali culture politiche italiane (di destra, sinistra e centro), accusate di essere del tutto insensibili alla causa della scienza, e contro la Chiesa cattolica, cui viene imputata la volontà di intralciare il cammino del progresso.
Al di là della curvatura polemica che caratterizza il pamphlet, la tesi del volume è estremamente semplice: la diffusione dello spirito scientifico avrebbe influito storicamente sulla genesi della democrazia, o meglio, della “liberal-democrazia”. E prove in questo senso sarebbero offerte, per esempio, dalla cultura scientifica dei ‘padri fondatori’ americani, come James Madison e Thomas Jefferson, i quali scrissero la Dichiarazione d’Indipendenza e la Costituzione federale come se fossero documenti ‘newtoniani’.
A dispetto di una tesi così lineare, anche il lettore più attento e simpatetico con le idee di Corbellini non può non essere distratto dalla messe di semplificazioni, deformazioni e (in qualche caso) autentiche enormità che si offrono quasi a ogni pagina del volume. Ma, per rimanere alla tesi centrale del lavoro, è piuttosto evidente come Corbellini, nel costruire le proprie argomentazioni, venga meno a una delle principali regole del metodo scientifico: la regola che impone di utilizzare termini con un significato ben preciso e di definire chiaramente quali sono le variabili di un’ipotesi. Nel campo delle scienze politiche e sociali questo principio metodologico è particolarmente rilevante. Semplicemente perché i termini politici assumono significati estremamente diversi a seconda del periodo storico, del contesto geografico, della prospettiva di chi li utilizza. Ma Corbellini viene meno proprio a questa regola basilare, impedendo così ogni seria discussione di un’ipotesi che rimane sempre formulata solo in termini impressionistici.
Nell’argomentare la propria tesi, Corbellini parla così talvolta di “democrazia”, in altri casi di “liberal-democrazia”, in altri ancora di “senso civico” e di “cultura civica democratica”, senza che il significato di questi termini venga specificato. Per esempio, non è allora chiaro se la “democrazia” richieda o meno il suffragio universale, o se la “liberal-democrazia” debba prevedere necessariamente il riconoscimento di alcuni diritti e libertà fondamentali. Ma, forse, questo silenzio non è fortuito. Perché, altrimenti, Corbellini dovrebbe riconoscere che la ‘newtoniana’ Costituzione americana non era poi così democratica, dal momento che era assai tiepida nel concedere il diritto di voto e che considerava del tutto legittimo l’istituto della schiavitù.
Per questi (e molti altri) motivi, il testo di Corbellini può offrire al dibattito sulla democrazia solo qualche sbiadita suggestione. Ma senza dubbio fa rivivere, in una forma piuttosto stilizzata, il vecchio sogno (o l’incubo) di una politica scientifica: non di una politica che tenga conto della scienza, ma di una politica consegnata nelle mani degli ‘scienziati’. In una simile visione, gli scienziati – liberi dall’intralcio di valori anacronistici, ideologie, religioni – sono ‘finalmente’ in grado di indicare agli esseri umani la ‘giusta’ direzione. Ma allora, al di là di tanta retorica, è piuttosto scontato cosa rimanga della democrazia. Ed è proprio per questo che la democrazia, così enfaticamente celebrata da Corbellini, finisce per tingersi di toni quantomeno sinistri.

Damiano Palano

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