Questa recensione al libro di Sheldon Wolin, Democrazia SPA. Stati Uniti: una vocazione totalitaria? (Fazi. Pagine 494. Euro 24.00), è apparsa su quotidiano "Avvenire" il 19 marzo 2011.
Nelle pagine finali della Democrazia in America, Tocqueville formulava la sua famosa profezia sulla minaccia che incombeva sul futuro della società democratica. Dopo aver tessuto un elogio quasi incondizionato dell’esperimento americano, si soffermava infatti sull’eventualità che proprio una società libera ed egualitaria come quella americana potesse dar vita a un nuovo dispotismo. Secondo Tocqueville, «una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri», correva il rischio di essere completamente dominata da un nuovo potere: un potere «assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite», che «estende il suo braccio sull’intera società».
Variamente interpretata nel corso del tempo, la vecchia profezia di Tocqueville alimenta anche il nuovo libro di Sheldon Wolin, Democrazia S.p.A. Stati Uniti: una vocazione totalitaria?. Ma Wolin, proponendo una tesi senza dubbio piuttosto radicale, va oltre il pessimismo di Tocqueville, perché ritiene che il sistema americano si sia gradualmente trasformato in un 'totalitarismo rovesciato'. Benché possa destare più di qualche comprensibile perplessità, la tesi di Wolin ha alla base un esame piuttosto articolato. D’altronde, Wolin, autore del famoso Politica e visione (Il Mulino), pubblicato per la prima volta nel 1960, è uno tra i più importanti e raffinati studiosi americani di teoria politica.
Da molte pagine di Wolin traspare in modo evidente la protesta contro Bush e la guerra in Iraq. E proprio per questo alcuni degli argomenti sviluppati nel volume possono apparire oggi superati. Sarebbe però probabilmente superficiale liquidare Democrazia S.p.A. come il tardivo sfogo di un intellettuale impegnato, o come la romantica celebrazione di un’irrealizzabile democrazia partecipativa. Al fondo della vocazione 'totalitaria' sta infatti, secondo Wolin, soprattutto la perdita di riferimenti al bene comune, se non, addirittura, l’idea che un bene comune non esista affatto. E, d’altronde, l’antidoto cui pensa Wolin non è per niente romantico, perché evoca l’immagine di una «controélite di amministratori pubblici democratici», in grado di recuperare – e di far recuperare ai cittadini – il senso stesso della convivenza comune. Perché, come scrive, «alla base dell’idea di collettività c’è la convinzione che la cura e le sorti della cosa pubblica siano di interesse comune», «che siamo tutti coinvolti perché ciascuno di noi è implicato nelle azioni e nelle decisioni che vengono giustificate a nome nostro».
Damiano Palano
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